Lo scorso mese aveva compiuto 95 anni. Filippo Garofalo è morto dopo un paio di settimane di sofferenza. Ma con lui la città di Ragusa perde uno degli ultimi storici, intellettuali, uomini di cultura di stampo, volendolo, ottocentesco, ovvero di conoscenza ampia, enciclopedica.
Filippo Garofalo, uomo di scuola (per molti anni era stato il Preside del Magistrale) e di governo (con la sua presidenza l’allora Azienda Provinciale per l’incremento turistico visse anni di grande spolvero), era un nobile ragusano, senza suffissi. La conversazione con lui era sinonimo di lunghi pomeriggi durante i quali dall’archeologia si passava a discutere di glottologia, e dalla storia comitale a quella delle contrade. E fare parte della sua cerchia di amici era privilegio invero non dato a molti.
Alto, capelli sempre medio-lunghi portati all’indietro, anche dal punto di vista somatico Filippo Garofalo era la rappresentazione del nobiluomo d’antan, con la presenza, la postura dell’uomo che sa.
Lascia la moglie Cecilia ed il figlio Lucio. Adesso è loro il compito di guardare tra le infinite carte che il Preside ha scritto nei decenni, dandone pochissime alle tipografie. La città dovrà serbarne memoria, sperando di averne ancora di figli tanto illustri.