“Mi fermo senza ripianti – prosegue – ne’ recriminazioni. Molto si potrebbe dire e scrivere (e forse, non qui, lo faro’) su questa campagna elettorale noiosa e reticente, sulle scelleratezze di un partito democratico che in Sicilia preferisce sempre perdere pur di non rinunciare ai propri minuscoli califfati, su una candidata alla presidenza votata al silenzio (non spendere una sola parola sulle macerie ereditate si chiama silenzio, non ‘sobrieta’ istituzionale’). Ma anche sulle nostre storie a sinistra scritte sempre in punta di diffidenza, di divisione, di purezza della razza, presunzione, ostilita’”.
“Ma il punto, ripeto – sottolinea – non e’ l’esito di queste elezioni: e’ la vita che mi sollecita altro, e io le voglio offrire altro. C’entra anche, lo dico per onesta’, il mio rapporto faticoso con questa terra. Da quando ho trent’anni ho trascorso il mio tempo a seppellire morti e a cercare nella Sicilia una capacita’ di verita’, di reciproca appartenenza, di condivisione nelle parole, nei gesti, nei dolori, nelle allegrie. A volte ci sono riuscito, a volte no. Adesso e’ tempo di altre parole e di altri siciliani. E’ il tempo di quelli che hanno meta’ dei nostri anni. Che non hanno nessun morto da seppellire. Che provano rabbia, dolore ma anche curiosita’ e passione. Che non vogliono diventare anch’essi piccoli califfi d’un partitino. Che scelgono con cura le parole, prima di usarle. Ne conosco molte e molti. Fanno mestieri degni, insegnano, studiano, cercano.
Sono sicuro che faranno bene. Il mio amico Riccardo (che ringrazio per aver voluto onorare la nostra amicizia e la nostra storia comune accettando, a settant’anni suonati, di candidarsi con i Cento Passi) scrive: ‘Sicilia buco del mondo, Sicilia dei morti di mafia, Sicilia dei ragazzi di Fava e di Borsellino. Sicilia feroce e povera, Sicilia di dignita’ e di bandiere. Sicilia con la valigia di cartone, Sicilia con la lupara e le bombe. In questo piccolo mondo, nella disgrazia di oggi e nell’amore di ieri, si concentra tutto. E non servono piu’ parole’. Ecco, non servono piu’ parole. Non le mie: le porto altrove, in luoghi e cammini dell’esistenza dove si puo’ far politica anche ascoltando, guardando, sillabando, ricordando, scrivendo. E soprattutto vivendo”.