Il mio punto di vista sulle uova l’ho già condiviso in un precedente articolo
(http://www.ragusaoggi.it/48061/un-po-di-chiarezza-sulle-uova-la-verit-che-non-tutti-sanno),
ma voglio tornare sull’argomento perché nelle ultime settimane ho gioito non poco leggendo sulle maggiori testate internazionali e su vari siti web che “le uova sono state assolte”. Da chi? Dalle nuove linee guida americane, il che non è poco, considerata l’influenza che queste hanno sull’alimentazione non solo degli americani ma di molti altri Paesi, che spesso adeguano le proprie linee guida a seguito di “grandi scoperte” come questa. Del resto, non si pensi che gli USA siano i primi a sfatare questo mito (o meglio, questa assurdità) delle “uova che aumentano il colesterolo”: Australia, Nuova Zelanda e UK sono da tempo in prima fila nella difesa di un alimento prezioso come questo. Ma vediamo di commentare i fatti.
Le linee-guida alimentari 2015 firmate USA (in pubblicazione) hanno assolto le uova, riconosciuto il loro ottimo valore nutrizionale e, udite udite, proposto di eliminare i limiti stabiliti per i livelli di colesterolemia, riconoscendo l’importanza del colesterolo per l’organismo e, soprattutto, la non-correlazione tra colesterolo alimentare e malattie cardiovascolari. Il documento pubblicato in seguito alla revisione quinquennale delle linee guida ha annunciato, infatti, che “il consumo di colesterolo alimentare oltre i limiti precedentemente fissati (200-300 mg/die) non è più un elemento di preoccupazione”, marcando la distinzione tra colesterolo introdotto con gli alimenti e colesterolo ematico, i quali sarebbero legati solo debolmente: all’aumentare del colesterolo alimentare, quello nel sangue NON aumenta come si pensava una volta, o al massimo aumenta dell’1-3%, e bisogna anche tenere conto del fatto che il colesterolo contenuto negli alimenti sia una molecola a sé, mentre nel nostro organismo il colesterolo viaggia legato alle lipoproteine (VLDL, LDL, HDL, etc), attraverso un processo di regolazione endogena molto complesso, di nuovo non influenzato dal colesterolo esogeno.
In merito alle uova, proprio uno studio recentissimo (DIABEGG) supporta il processo di rivalutazione di un cibo che offre una qualità nutrizionale elevatissima a un costo estremamente contenuto. La ricerca, svoltasi in Australia, ha confrontato due regimi alimentari simili per introito di calorie e grassi, ma differenti sul fronte del contenuto di uova, in soggetti diabetici di tipo 2 (BMI pari o maggiore a 25, età maggiore di 18 anni). Un gruppo ha consumato 12 uova a settimana (2 al giorno per 6 giorni), mentre l’altro solo 2/settimana (in questo caso, con un maggior intake di proteine da carne magra, prodotti lattiero-caseari magri e legumi, per pareggiare la quota proteica della dieta). Dopo tre mesi, il profilo glicemico e lipidico dei due gruppi è rimasto simile – risultato che già conferma che le uova NON aumentano il colesterolo!-, ma si è osservata una maggiore tendenza all’aumento delle HDL (alias colesterolo buono) in chi aveva consumato più uova. Questi soggetti, inoltre, hanno dichiarato di essere molto soddisfatti del tipo di alimentazione proposta e hanno manifestato una netta riduzione del senso di fame. Lo studio conferma quindi lo scarso effetto delle uova (e del colesterolo alimentare) sul profilo lipidico (e non è l’unico, credetemi) e il resto si commenta da solo.
Se queste delle uova e del colesterolo sono già notizie che stanno facendo strabuzzare gli occhi a buona parte della popolazione, non è finita… Anche sui grassi (sempre quelli buoni, s’intenda) continuano ad arrivare conferme dal mondo scientifico sul fatto che non siano loro a causare diabete, obesità e malattie cardiovascolari, e anzi si debba porre l’attenzione sugli effetti benefici per la salute, dalla sintesi ormonale al ruolo nella struttura cellulare, dalla protezione di organi come il fegato al contributo chiave nel promuovere la sazietà e evitare il susseguirsi di snack il più delle volte tutt’altro che sani. Quando parliamo di grassi buoni, ci riferiamo a quelli naturali di derivazione animale o vegetale, presenti in latticini, formaggi, olio d’oliva, uova, frutta secca, avocado, carni e pesce, e non a quelli industriali (idrogenati o meno che siano, sempre artificiali sono!), impiegati nella produzione di innumerevoli prodotti. È quindi arrivata l’ora di ricredersi, e di cambiare le voci sulla lista della spesa: non più “philadelphia light” o yogurt “magro che più magro non si può” (che, sorpresa, ha il triplo di zuccheri semplici), né latte scremato o prosciutto crudo rigorosamente sgrassato, piuttosto via libera a prodotti interi, freschi e possibilmente locali, così da avere certezze sulla provenienza e sulla qualità (è il caso di latte, formaggi, uova, carni e pesce), ma anche a prodotti di largo consumo come yogurt greco, burro bavarese o cioccolato fondente (dal 70% in su).
Non abbiate paura, quindi, di (re)introdurre sulle vostre tavole questi cibi veri e niente affatto dannosi, non saranno loro a farvi venire il diabete o la sindrome metabolica, e contribuiranno al gusto dei vostri pasti e alla gratificazione nel mangiarli. Ciò che deve essere compreso, e magari determinare un cambiamento, è l’importanza di mangiare cibi veri (i cosiddetti “whole foods”), a scapito di tutti, dico tutti, i prodotti industriali ormai a disposizione.
Prosciolti i grassi, chi rimane allora da incolpare? Anche di questo ho già scritto, ma perdonatemi la ripetitività: carboidrati raffinati e zuccheri semplici (nascosti o meno) sono i principali responsabili di iperglicemia, insulino-resistenza, diabete, malattie cardiovascolari etc etc. Questi carboidrati, di cui tutti hanno cominciato a abusare proprio per rimpiazzare carne e formaggi, sono diventati onnipresenti nella dieta degli italiani, a seguito di una specie di lavaggio del cervello collettivo che ha innescato il circolo vizioso tutt’ora in corso.
I tentativi di ribellione, però, si fanno sempre più numerosi: l’ultimo caso è scoppiato qualche mese fa negli Stati Uniti, in occasione dell’uscita di un libro-inchiesta (“The big fat surprise”) di Nina Teicholz, giornalista esperta di nutrizione che ha ricostruito come la rimozione dei grassi dalla dieta occidentale sia stata un grave errore, o meglio… una grande bufala. È bastato questo per leggere sul Times e su un’altra decina di testate americane titoli del tipo “Mangiate burro” o “Il ritorno di carne e uova”.
Che sia ora che la fissazione americana per i cibi magri, ormai propria anche dell’Europa e dell’Italia (alzi la mano chi non è mai inorridito pensando al burro, al latte intero o a una bistecca), venga cestinata una volta per tutte? Del resto, un motivo deve pur esserci, se gli esperti di alimentazione hanno battezzato il 2015 come l’anno della “rivincita dei grassi”. Non solo: il cambio di mentalità sta forgiando nuovi regimi alimentari, già diffusi in Australia, UK e Stati Uniti: dalla “low-carb high-fat diet” alla più estrema versione chetogenica, l’importante è che si consumino pochi (molto pochi) carboidrati e la giusta quantità di proteine, ma con l’aggiunta di grassi saturi animali, dalle uova al bacon, dalla panna nel caffè all’avocado in tutte le salse. Ma questa è un’altra storia, meglio parlarne un’altra volta.
di Wanda Rizza
Link utili:
http://news.harvard.edu/gazette/story/2015/02/the-entire-egg/
http://www.pri.org/stories/2015-03-07/brunch-next-time-pass-coffee-cake-and-have-omelette
http://news.nationalpost.com/2015/02/10/u-s-to-withdraw-warnings-about-cholesterol-in-diet/