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EROINE PIRANDELLIANE
08 Dic 2014 19:28
Nell’ampia produzione pirandelliana protagonista indiscussa è la condizione umana e non specificamente quella femminile.
La persona, prima di ogni identificazione sessuale, è nel grande Agrigentino la vittima di un fato ineluttabile, delle assurde convenzioni sociali inventate da piccoli, poveri uomini feroci per rendere più infelice la propria oltre che l’altrui esistenza, di una solitudine estrema che nemmeno i più stretti rapporti di parentela possono, non diciamo infrangere, ma in qualche modo scalfire.
Il conforto della Fede è ignoto al mondo pirandelliano perché anche la pratica religiosa si è trasformata in convenzione sociale, ipocrisia bigotta, strumento di vessazione nei riguardi di anime sincere e candide.
Ciò non toglie a Pirandello il merito di aver guardato con empatia alle donne del suo tempo e di ogni classe sociale e di averne letto attentamente la psicologia, il disagio, la pena di vivere così, i ruoli fissi da incarnare per non perdere il diritto al rispetto, all’esistenza dignitosa, alla sopravvivenza.
Se i personaggi pirandelliani portano tutti le catene, non si può negare che le sue eroine le portano più strette.
A Marta, protagonista de “L’Esclusa”,non resta che cadere tra le braccia dell’uomo che tutti indicano come suo amante, se vuole restituito il diritto al rispetto e alla sopravvivenza.
Se Mattia Pascal è inchiodato per sempre al suo matrimonio sbagliato e non può vivere come Adriano Meis, la tenera Adriana Paleari non potrà mai sapere la verità sull’uomo che amava, ricambiata.
Alla signora Fiorìca de “Il berretto a sonagli” non resta che fingersi pazza.
Ad Ersilia Drei di “Vestire gli ignudi” non resta nemmeno il diritto di andare incontro alla morte con una vestina decente, cioè con una vita presentabile, perché gli uomini che l’hanno ingannata accorrono a renderla ignuda .”.
“Per me io sono colei che mi si crede”
“Ed ecco o signori come parla la Verità!”
Queste le battute conclusive del dramma Così è (se vi pare).
Pirandello fa saltare le coordinate del Verismo ed è come se dicesse : “Dovè la realtà? Noi non abbiamo altro che un numero infinito di specchi deformanti (le nostre teste pensanti ) ciascuno dei quali pretende di restituirci la realtà.
Il vero artista analizza fino allo spasimo questo infinito riflettersi, senza poter credere a nessuna immagine , a nessuna verità, perché ogni testa pensante si farà le sue ragioni tanto valide quanto le ragioni degli altri.”
Scrive Vincenzo Consolo: “L’identità dei personaggi precipita nella indeterminatezza, nello smarrimento. Nell’universo pirandelliano è ancora la donna a subire perdita, cancellazione, ad essere di volta in volta quell’apparenza, quella forma in cui la volontà maschile tenta di chiuderla (Come tu mi vuoi è il titolo emblematico di un dramma)……Nelle novelle, nel teatro,nei romanzi, è una teoria infinita di donne negate, frantumate, straziate, da Marta Ayala de L’Esclusa a l’Amica delle mogli dalla figliastra dei Sei personaggi…, alla sconosciuta di Come tu mi vuoi sino alla Velata di Così è( se vi pare). ..La Velata è meno di una maschera, di un fantasma, è la negazione, l’assoluta assenza,il vuoto invaso dalla follia, dall’allucinazione.”
Anche Marta Ayala può dire: “ Io sono colei che mi si crede e per me nessuna” . Il marito la crede una moglie infedele ‘e lei è innocente, il padre la considera, pur riconoscendola innocente, la causa della rovina della famiglia, l’Alvignani, il suo corteggiatore, un’avventura, una sfida di cui si stancherà, incoraggiandola a tornare dal marito. L’opinione pubblica della cittadina di provincia in cui vive la condanna duramente e assale durante una festa religiosa la casa degli Ayala.
Unica eccezione il personaggio del Blandino che prende le distanze dalla ipocrisia piccolo borghese di quell’epoca e di quell’ambiente.
La stessa ipocrisia che costituisce l’oggetto dell’umorismo pirandelliano nella commedia Il berretto a sonagli.
La protagonista, la signora Fiorìca, deve fingersi pazza perché la morale della piccola cittadina di provincia in cui vive non ammette che una donna tradita dal proprio coniuge possa ribellarsi pubblicamente e chiedere giustizia senza costringere l’altro coniuge tradito a commettere un delitto per salvare il proprio onore.
I personaggi femminili di Pirandello danno prova di maggiore coerenza, energia e coraggio rispetto ai personaggi maschili. Questo, forse, nasce dall’ ammmirazione e affetto che lo scrittore nutriva per la madre e dal conflitto irrisolto con il padre.
I tempi dell’ideologia sono molto più veloci di quelli della narrativa.
I personaggi femminili pirandelliani non hanno certo il piglio delle femministe e delle suffragette dell’epoca, i loro drammi sono vissuti in una condizione di solitudine e il modo in cui tentano di risolvere i loro problemi è un rimedio peggiore del male che è stato loro fatto.
Comunque, sono una spia di quel disagio femminile che è nell’aria e che non poteva non essere colto dalla narrativa e dal teatro del tempo.
(Si pensi a Capuana che ha tradotto dal Francese in Italiano “Casa di bambola” di Ibsen, è l’autore di “Giacinta” oltre ad essere stato l’ispiratore dell’ “Esclusa”, a lui dedicata dall’Autore nell’edizione del 1908).
Pirandello, indubbiamente, manifesta empatia nei confronti delle sue eroine, le mette in una luce migliore di tanti personaggi maschili, ma non indulge a quel femminismo che vuole la donna pari all’uomo, in grado di fare le stesse cose che fa l’uomo.
Fa esprimere ad un personaggio questo apprezzamento sulle donne moderne : “Portano gli occhiali, camminano come soldati, oggi impiegate alla posta, telegrafiste, telefoniste e aspiranti all’elettorato e alla toga: domani chi sa? alla deputazione e magari al comando dell’esercito!”.
La spia più significativa dell’atteggiamento di Pirandello sulla parità dei sessi resta, comunque, il romanzo Suo marito, in cui si volle vedere nella protagonista, Silvia Roncella, un’allusione alla scrittrice sarda Grazia Deledda.
Maria Antonietta Grignani, studiando questo romanzo, giunge alla conclusione che Pirandello non fosse disposto a dar credito di lucidità alla donna scrittrice.
Come Ada Negri, a cui Pirandello negava ogni forma di cultura, la Roncella è dotata di un istinto creativo e null’altro,” essendo le donne per definizione refrattarie all’approfondimento culturale e al filtro della ragione”.
Di conseguenza la pubblicazione di una scrittrice non può che essere definita “un parto” e, quindi, la scrittrice non è che una madre metaforica.
I personaggi femminili pirandelliani non si ribellano alla condizione della donna, ma al loro personale destino. Marta Ayala, ad esempio, si mette a fare l’insegnante non perché abbia velleità di femminista, ma perché ha bisogno di lavorare.
“Pirandello, bisogna ammetterlo, non ha creato alcun tipo di donna nuova, capace di rinnovare il mondo intorno a sé o di mutarne il costume; ha anzi, sottolineato le reazioni negative di chi si ribellava alle angustie o alla corruzione dell’ambiente e così nascono il suicidio di Ersilia (Vestire gli ignudi), la solitudine di Marta
(L ‘esclusa), la morte di Melma (Questa sera si recita a soggetto). La donna in Pirandello, infine, pur legata ad una triste realtà di soggezione e, malgrado la frequente uniformità della propria condizione sociale, ha modo di apparire assai varia, sottile, cangiante ed interessante sempre”.
D’altronde non ci possiamo aspettare da Pirandello quello che sulla donna non ci hanno dato nemmeno scrittori più recenti; forse solo l’autocoscienza delle scrittrici (non tutte) degli ultimi decenni del ventesimo secolo è riuscita ad affrontare le tematiche della condizione femminile senza cadere negli stereotipi della tradizionale visione della donna.
Laura Barone
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