FENOMENOLOGIA DI MATTEO RENZI

Il grande Umberto Eco lo aveva intuito e magistralmente argomentato 50 anni fa. La sua Fenomenologia di Mike Bongiorno è rimasta fra le pagine più significative dell’analisi semiologica applicata alle materie “basse”,  quelle che tempo fa chiamavamo nazionalpopolari.

Il succo di quel mini-saggio era il seguente: perché Mike Bongiorno piace? Perché ha tanto successo? Qual è il meccanismo che rende possibile un fenomeno di tale portata, considerando la quasi assoluta mancanza di un preciso, indiscutibile talento di qualsivoglia natura? E’ semplice: perché è come chi lo guarda in TV! E’ la riproduzione, resa interessante dal medium,  della medietà e della normalità della media degli spettatori che lo seguono. Un meccanismo di identificazione semplice quanto implacabile: sei come me, io sono come te, ignorante e un po’ arruffone, con un grande talento per le gaffe e un ancor più grande talento per le bacchettate perbeniste sulle spalle dell’interlocutore, appena questi accenna a dirsi “fuori” dagli schemi, dalle regole.

Parliamo di un saggio di più di 50 anni fa. Sappiamo bene che da allora in poi Bongiorno si migliorò: acquisendo quella sottile vena di autoironia che lo riscattò agli occhi dei critici più feroci, emanando quell’alone di nonnino sempre in forma che è rimasto fissato per l’eternità negli spot con Fiorello, diventando – perché no? – indistinguibile dalla sua caricatura del sulfureo showman.

Se oggi Eco avesse voglia e tempo per scrivere una nuova Fenomenologia applicata alle “materie basse”, portata fin dentro ai pori di un qualche personaggio famoso attuale, avrebbe l’imbarazzo della scelta: la mediocrità regna sovrana, dalla politica allo spettacolo.  Tanto che dovrebbe intitolare il pezzo non a questo o a quello ma alla mediocrità stessa, divenuta nel frattempo valore inestimabile e non più esecrabile.

Fossi in lui, però, una scelta la farei. E in questo momento della vita di questo povero paese la farei cadere su Renzi.

Il diversamente arguto Renzi (l’espressione non è mia ma di Andrea Scanzi, che di arguzia se ne intende….) attraversa la platea, sale sulla scena, si impadronisce della stessa e incanta l’uditorio con la sicumera di chi non ammette dubbi, facendosi bastare le quattro letture necessarie alle credenziali politiche oggi richieste, aggredendo l’immaginario collettivo con i suoi giubbotti finto-tamarri, proponendo le sue idee con la complessità di pensiero di un istrice mentre attraversa la strada di campagna, realizzando il sogno di ogni cittadino ormai totalmente sgravato del peso di un’etica: il successo è possibile nonostante tutto!

Il grande Crozza ha fatto centro ancora una volta: la caricatura che ne fa lo migliora.

D’altronde, a pensarci bene, solo a lui poteva venire in mente di coinvolgere Berlusconi in un accordo sulla nuova legge elettorale (che, vedi caso, è quella che è….). I caratteri distintivi dell’italianità che si incontrano e fraternizzano: la mediocrità chiama, invoca costantemente l’immoralità. E viceversa.

Ci aspettano tempi luminosi.