Un uomo nato in territorio italiano da genitori stranieri non deve avere diritto alla cittadinanza italiana. Questa l’ultima assurda ed oggettivamente non condivisibile rivendicazione di Assalto Studentesco, un’associazione fascista presente sul territorio vittoriese, che si schiera contro la Riforma Ius Soli facendo volantinaggio nelle scuole e tappezzando la cittá di striscioni relativi al tema. Non è la prima volta che questo gruppo filofascista inneggia spudoratamente a concetti di razzismo e di fanatico patriottismo. Concetti che non possono e che non devono veicolare in una società multietnica inserita in uno Stato democratico. Con 310 voti favorevoli e 66 contrari, lo Ius Soli è una riforma di legge in merito alla questione della cittadinanza che è stata approvata alla Camera. Un provvedimento che è un prerequisito minimo di civiltà sconosciuto in Italia, fanalino di coda su questo tema a differenza di altri paesi come Brasile e Stati Uniti.
Ad oggi lo Ius Soli diventa uno strumento fondamentale per rispondere in maniera progressiva alle sfide che il desiderio di libertà ed uguaglianza dei migranti in movimento pone ad un’Europa che sembra aver perso ogni anelito sociale, chiusa nella fortezza dell’austeritá.
E’ quindi sicuramente un passo in avanti, seppur piccolo ed approntato, rispetto ad un dibattito pubblico ed una legislazione spesso misera e xenofoba. Ci chiediamo, quindi, come sia possibile che dei giovani studenti vedano in questa Riforma addirittura una minaccia che miri a “distruggere la storia e le tradizioni del nostro popolo”. Ma quale popolo? Un popolo che crede ancora nella superiorità della razza, un popolo che sceglie di impostare un conflitto sociale e conseguentemente mediatico speculando sulle vite di uomini e donne, un popolo che ha deciso di far prevalere i confini territoriali su i valori morali? Ci dispiace, ma questa visione di patria e di popolo non può riscuotere il nostro consenso. Non solo. Deve essere boicottata con tenacia. Da parte nostra, nel ruolo di sindacato e movimento studentesco, riteniamo fondamentale prendere posizione su questi temi cruciali, proporre momenti di formazione e socialità nei luoghi della formazione che possano essere reale fonte di riflessione ed analisi, individuale e collettiva, che possano costituire un anticorpo alla retorica che gli imprenditori della paura (politici alla ricerca di facili consensi, media, movimenti xenofobi, razzisti e fascisti) mettono quotidianamente in campo.
Proprio per questo non accettiamo che si strumentalizzino i luoghi del sapere per politiche anti-democratiche che fomentano tendenze prepotentemente e pericolosamente razziste. Ribadiamo che i luoghi della conoscenza e del sapere debbano essere parte della soluzione alle problematiche che attanagliano la nostra società. Il processo neoliberale di privatizzazione della scuola e dell’università va proprio verso la distruzione dei saperi critici nel nome degli interessi di privati (manodopera precaria, a basso costo). In linea con la Costituzione e gli ideali democratici che costruirono l’idea di pubblica istruzione, scuola e università sono i luoghi che migliorano la società e la qualità della vita di tutte e tutti. In questi luoghi vogliamo costruire riflessioni, mettere in campo soluzioni pratiche, provare ad immaginare concretamente una società diversa. E’ pertanto nostro compito dire con forza che vogliamo creare un immaginario diverso da quello che ci viene raccontato dai media mainstream e da chi si nutre di odio e violenza. Proprio per questo stavolta, davanti all’ennesima ingiustificabile propaganda di becero razzismo, ci sentiamo in dovere da studentesse e studenti di DISSOCIARCI da determinati stereotipi di patria e di nazionalitá completamente in contrasto con la nostra concezione democratica e progressista della situazione. Vogliamo il fascismo fuori dalle nostre scuole! E lo vogliamo per creare, a partire dai luoghi del sapere, delle soluzioni credibili e praticabili di lotta alla rabbia sociale dei fascisti e di tutti quei gruppi che non stanno facendo altro che inasprire uno scenario sociale già particolarmente teso. Siamo stanchi di essere bombardati da messaggi di odio, di xenofobia, di razzismo, di patriottismo concepito in un’accezione paurosamente estremista. I nostri confini non sono quelli territoriali, ma quelli morali. I nostri confini sono orizzonti spalancati che tengono conto di una sola costante: la dignità dell’essere umano. Ad un’affermazione del movimento vittoriese fascista del tipo “Essere italiani è il dono piú importante tramandatoci dai nostri padri” noi non possiamo che indignarci. Oltre l’erroneità storica del messaggio, troviamo impensabile che il dono piú importante delle nostre vite sia la nazionalitá che abbiamo. Noi riteniamo un dono, la possibilità di aiutare chi si trova in condizioni subalterne, riuscendo a lasciare una traccia concreta del nostro impegno sociale; noi riteniamo un dono la possibilità di avviare scambi interculturali nei quali si faccia reciprocamente tesoro di ciò che l’altro ha da insegnare, che è complementare a ciò che noi abbiamo da offrire. Non ci stancheremo mai di dire che prima della nazionalità, prima della provenienza culturale, prima delle scelte di religione, conta l’essere uomo e l’essere donna, senza differenza di alcun tipo.
Affermiamo con forza che sempre difenderemo chi, come noi, ha un’esistenza precaria. Adesso più che mai vogliamo restare umani. Come accadde nel secondo dopoguerra, quando l’orrore di ciò che fu alimentò un forte sentimento democratico che portò alle Costituzioni antifasciste e ad elevate conquiste sociali, anche oggi si puó avere una spinta propulsiva per ricostruire una società egualitaria dove ci siano diritti per tutti e privilegi per nessuno. Laddove oggi ci sono austerità e respingimento, dobbiamo costruire i semi della solidarietà, del welfare, della redistribuzione di ricchezza.
Un pensiero di Vittorio Arrigoni riassume sapientemente il nostro messaggio.
“Io non credo nei confini, nelle barriere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana.”