Ragusa, lunedì 18 agosto 2014. Ha negato, negato e negato fino all’ultimo, fino all’evidenza, Aldo Gionta. S’è arreso solo quando il computer dei carabinieri di Modica ha confermato la completa corrispondenza tra Aldo, il ricercato, e Pasquale, il nome riportato sulla carta d’identità falsa di cui era in possesso.
L’indagine è ovviamente partita da Torre Annunziata, dal Gruppo Carabinieri. I militari di quel nucleo investigativo gli stavano dietro da quasi tre mesi, da quando a fine maggio s’era sottratto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale e poi quando il 6 giugno doveva essere arrestato ma era irreperibile. Ma i militari non si sono dati per vinti e così riscontro dopo riscontro sono arrivati sulla via per Malta, hanno capito che Gionta poteva essere in procinto di espatriare. Informato il magistrato competente della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, questo ha emesso un nuovo decreto per fermare “a vista” il Gionta.
Una squadra di dieci uomini in borghese, carabinieri di Torre Annunziata e Modica, e una discreta cornice di sicurezza di militari in uniforme. Quest’ultimi non davano molto nell’occhio, poiché è normale il controllo dell’area portuale, specie in occasione di arrivo e partenza degli aliscafi. Quelli in borghese invece per non essere “sgamati” si sono travestiti alcuni da turisti con bermuda e zainetto in spalla, altri da addetti all’imbarco dei passeggeri, steward maltesi…
Gionta e i tre complici arrivano a coppie, su due utilitarie, come se andassero a una vacanza al mare tra amici. Bermuda, t-shirt, occhiali da sole. Le auto sono incolonnate, passano i controlli. Le donne scendono per vidimare i biglietti. Uno dei carabinieri s’avvicina per vedere meglio, con quegli occhialoni neri potrebbe anche non essere lui, ma poi lo riconosce al 100%, quella faccia ormai i militari di Torre Annunziata ce l’hanno memorizzata in mente come l’ave Maria. Un rapido ordine, un cenno, e il blitz è repentino. Le auto dei carabinieri bloccano ogni via di fuga, non c’è scampo. Pistole in pugno intimano di non muoversi ai due uomini sulle auto e alle due donne. Gli altri turisti presenti rimangono sbalorditi e anche spaventati ma poi la vista delle uniformi li tranquillizza, capiscono che c’è un’operazione in atto. I due vengono tirati fuori dalle auto, stesi in terra e perquisiti. Fingono di non capire, ipotizzano un errore. I documenti d’identità parlano chiaro, non c’è alcun Gionta lì. Peraltro – come detto – il latitante nega e stranega fino all’ultimo, fino all’esito della comparazione delle impronte digitali, forse sperava in un errore della banca dati e di poter essere rilasciato, magari con le scuse per la sostituzione erronea… Anche l’altro nega, addirittura afferma di non conoscere la persona con cui stava per imbarcarsi sul traghetto.
In tasca alcune migliaia di euro e nelle valige i costumi da bagno, proprio una perfetta vacanza.
Tutti e quattro vengono accompagnati in caserma a Modica e sottoposti a foto-segnalamento. Vengono arrestati per favoreggiamento personale i tre accompagnatori di Gionta, peraltro tutti incensurati insospettabili. Gionta è arrestato oltr per il decreto di fermo per associazione per delinquere di tipo mafioso anche per uso di documento falso valido per l’espatrio e violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. È stato ristretto nel carcere di Siracusa Cavadonna, più idoneo rispetto a quello ibleo per ospitare mafiosi potenzialmente destinatari del carcere “duro” 41-bis. Le due donne invece finiscono a Piazza Lanza, il carcere etneo, mentre l’uomo fa meno strada e si ferma al carcere di Ragusa. Ora i costumi da bagno per un po’ di tempo li lasceranno nella valigia.