Due sdraio, qualche sedia, un tavolo, una porta d’ingresso centrale, due finestre, dei rigogliosi alberi d’arancio e 8 personaggi che si muovono sulla scena secondo uno schema preciso: questi sono gli elementi scenografici e drammaturgici de “Il berretto a sognali”, proposto dal regista Mauro Bolognini al Teatro Carcano di Milano.
Luigi Pirandello, autore della celebre commedia, ha saputo condensare tematiche molto diverse, dalla gelosia alla libertà d’azione, passando per la follia e la paura del giudizio altrui. Il risultato è quest’opera emblematica e di grande successo, che ben rappresenta la sua ideologia.
Ogni personaggio è costruito ad arte. La Saracena, figura ingombrante e scomoda, che incarna una modernità “trasgressiva”, è una donna priva di scrupoli, che sfida con cinismo e opportunismo un mondo dominato da silenzio, discrezione e vergogna. Beatrice, moglie gelosa e ostinata, cerca invano di ribellarsi ai rigidi precetti del sistema al quale è ormai legata. Disposta a tutto, pur di denunciare l’adulterio del marito, mette in discussione la serenità del povero Ciampa, fedele servitore di famiglia, legatissimo alla moglie, che vive reclusa tra le quattro pareti di una stanza. Ma questa segregazione non è sufficiente ad impedirle una relazione segreta con il marito di Beatrice. E Ciampa lo sa bene, ma tace, preferisce dissimulare, per evitare che la vergogna si abbatta su di lui. Sceglie così di rinunciare ad una vita felice pur di mantenere intatta la sua rispettabilità. Ciampa, interpretato magistralmente da Sebastiano Lo Monaco, è vittima esemplare di un sistema sociale di stampo maschilista. Raggirato da Beatrice, paga inconsapevolmente le conseguenze di un atto “rivoluzionario” progettato da una donna. Macchiato da una vergogna terribile, scaturita dal tradimento della moglie, è ossessionato dall’idea di riscattarsi agli occhi della comunità. L’unica soluzione, quella che lui stesso prospetta agli altri personaggi della commedia, è costringere Beatrice a dichiararsi folle. Così sarà la pazzia a lavare l’onta.
Ma chi è in realtà Ciampa? Un “pupo”, ecco la risposta. È un uomo ritratto in tutta la sua debolezza e fragilità, un uomo che, uniformatosi alle convenzioni sociali, è persino disposto a tacere il tradimento della moglie, pur di evitare scandali che possano scuotere l’intera comunità.
Benchè la società siciliana dei primi anni del ‘900, con tutte le sue peculiarità, faccia da cornice alla vicenda de “Il berretto a sonagli”, i temi trattati nella commedia assumono una connotazione universale.
Ciampa è, in fondo, una vittima consapevole, un uomo come tanti. Conosce bene la sua natura e ancor più i suoi limiti, quei limiti che dipendono dall’intransigenza della società cui appartiene.
Nella sua affermazione “ lo Spirito Santo entra in noi e si fa pupo” è racchiusa tutta la “filosofia” di quest’uomo. Una visione disincantata della realtà domina la pièce teatrale: tutti, nella quotidianità, scegliamo di interpretare un pupo. E pur non amandolo, pretendiamo un serio riconoscimento, vittime di un sistema basato sull’approvazione da parte del gruppo.
Questo è il mondo tratteggiato da Pirandello, quello in cui i nostri comportamenti sono puntualmente dettati dalla necessità di uniformarci ai principi di rispettabilità, integrità e moralità.
Chi osa ribellarsi, è pazzo. E forse proprio questa follia si prospetta come unica alternativa ad una società malata e rigidamente strutturata.
“Via Vada! Vada! Si prenda questo piacere di far per tre mesi la pazza davvero”: con questa esortazione, Pirandello sembra inneggiare alla follia. Ciampa vorrebbe indossare il berretto a sonagli della pazzia e togliersi il gusto di sputare in faccia alla gente la verità, solo così darebbe sfogo alla sua sofferenza. “Sferrare la corda pazza”, una delle tre corde che tutti gli uomini hanno in testa, equivale a sfidare le regole sociali, per poi ritrovare se stessi. Beatrice, seppur costretta, ne ha la possibilità, mentre Ciampa rimane incastrato nella sua triste e claustrofobica realtà.
È la follia che mette a nudo la nostra essenza. In una società cieca, fatta di pregiudizi e omertà, solo un atto rivoluzionario e folle è in grado di consegnarci la tanto preziosa e ambita libertà. Nelle vicende paradossali che si consumano sulla scena, lo spettatore ritrova se stesso e riconosce le regole severe della società. Così, scoprendo di essere un pupo, la follia gli si manifesta come unica via d’uscita…questa è la vita!