Attualità

Il blackout ha svelato anche la nostra dipendenza dai “like” sui social

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Il recentissimo blackout a Marina di Ragusa e dintorni ha generato disagi gravissimi e ansie profondissime. Per non parlare dei danni economici. Direi che la lunga assenza di luce e acqua nel 2024 assomiglia a un incubo a occhi aperti. Lo direi, ma non lo dico, se non altro per rispetto a tutti quegli esseri umani (non pochi bambini) che da mesi o da anni sopravvivono senza acqua, luce, cure mediche e cibo negli spietati teatri di guerra.   

E tuttavia, scivolando lentamente su risvolti certo meno drammatici, esiste forse un blackout di natura diversa riconducibile all’assenza di segnale internet (e di Wi-Fi) che determina un altro genere di fastidi. I social network, Facebook, Instagram, WhatsApp e Tik Tok su tutti, sono onnipresenti sin dall’alba dei nostri giorni stupefatti e hanno rivoluzionato la comunicazione: mai come oggi siamo stati così dipendenti dal fatto che gli altri ci prestino attenzione o meno, sin dalla prima tazza di caffè. Quali sono gli effetti negativi di questa dittatura dei like? Nuovi disturbi? La dipendenza? L’ossessione di apparire migliori di altri?

Gli esseri umani siamo animali sociali, e uno dei nostri istinti elementari è la ricerca di approvazione. Rassegniamoci. Ricevere un like a una nostra foto, ad esempio, attiva gli stessi meccanismi di ricompensa cerebrale di quelli attivati da un complimento o dal bacio di una persona amata. Ma in gioco c’è anche l’autostima ingenerata dal fatto che, nella platealità, un like è pubblico e tutti possono vederlo. E questo alone scenografico ne rafforza il valore e l’effetto.

Anche lo psicologo di questa rubrica a volte ha “bisogno” di apprezzamenti e conferme. In un articolo on line, le carezze non hanno la forma dei like o dei commenti, ma piuttosto quella degli accessi (parecchie centinaia, bontà vostra) e delle visualizzazioni (parecchie migliaia). 

Cibo per l’ego? Il social network come mondo parallelo per accrescere l’ego. Forse. Anche. Tuttavia, il bisogno di essere apprezzati è presente anche nella più nobile Piramide di Maslow. Dopo i bisogni primari, fanno capolino i bisogni sociali di appartenenza, amore, accettazione. Sereni dunque. Essere lusingati da un like non significa essere narcisisti. Il like provoca una sensazione di piacere anche alla persona meno narcisista dell’universo. Ma non lo ammetterà mai. 

Anche Freud direbbe che il like è un mezzo efficace per gratificare il naturale narcisismo. E a livello neurologico e corticale, un like attiva le medesime strutture cerebrali che si attivano quando si mangia cioccolato o si prende un buon voto a scuola, ossia, il “sistema della ricompensa”. 

L’approvazione e il supporto sociale hanno un ruolo fondamentale nella costruzione del proprio Sé. E i like hanno un ruolo a livello sociale. Nei più giovani, possono determinare senso di inclusione e autostima (o al contrario esclusione e senso di sfiducia). Il like è un concetto antico in un vestito nuovissimo. Ricevere molti like accende appunto aree coinvolte nell’esperienza soggettiva del piacere. Un like è ormai come una ricompensa di cui abbiamo assoluto bisogno? Un croccantino necessario per scodinzolare felici? Va tutto bene. Purché non smarriamo una verità inestimabile di fondo: il proprio valore personale non è mai dato dal numero di like. Ma dal numero delle visualizzazioni (scherzo).

Sovente, quando appiccichi il like, non hai letto o capito neppure lontanamente cosa ci sia scritto. E magari non ne condivideresti neppure il contenuto, se fossi sobrio, ma è come se dicessi tra le righe al tizio: “Guarda che ti vedo. Sono qui e so cosa hai scritto”. Molti “mi piace” non sono per il post in sé, ma per chi lo pubblica. Quando pensiamo di essere grandi scrittori o fotografi o chef, ricordiamoci che molti amici elargiscono un like per compassione o senso del dovere nei nostri confronti o solo per ricambiare educatamente (“Poi ci rimane male se non glielo metto.”). 

Il like è una forma di “empatia digitale”? Solo se sei empatico anche nel mondo reale. Allora ha una risonanza affettiva. Nell’era delle relazioni interpersonali più avare e solitudini esistenziali incavolate, un like ci dice che abbiamo l’approvazione di qualcuno. Meglio di niente? 

Ma infine, quelli che mi fanno impazzire sono i “non like” di chi li mette a chiunque tranne a te, per competizione, gelosia, invidia momentanea, insomma, per non darti satium. Li adoro. Li riempirei di cuoricini. Per punirli.