IL DDL ANTI CORRUZIONE

Il parlamento discute in questi giorni la proposta di legge governativa di modifica della normativa anti corruzione. Trattandosi di norme in fase ancora di discussione, non voglio addentrarmi in discussioni giuridiche sul testo, peraltro rinvenibili in ampia quantità su tutti gli organi di stampa, ma voglio esprimere solo alcune annotazioni di carattere sociologico.

Ricordo che, quando ero ancora bambino, mi riferisco agli anni cinquanta del secolo scorso, quindi nel periodo della ricostruzione dopo la guerra, nei locali dell’azione cattolica si trovavano, tra gli altri, cartelli che invitavano a non sputare per terra e a non bestemmiare. Naturalmente, i cartelli esistevano perché c’era pure chi sputava per terra e chi bestemmiava. Se il fatto mi è rimasto nella memoria ciò è dovuto evidentemente alla strana impressione che mi faceva il fatto che si potesse bestemmiare in un locale frequentato da credenti praticanti. Ma, evidentemente, all’epoca il livello dell’educazione e della civiltà erano tali che quei comportamenti erano ampiamente diffusi. Oggi il fenomeno non esiste più, almeno nei locali parrocchiali, e di ciò non dobbiamo essere grati ai divieti di cui sopra ma all’evoluzione dei costumi che in buona parte c’è stata.

Ho ricordato queste cose perché se il governo è costretto a proporre al parlamento un disegno di legge anti corruzione è perché il fenomeno esiste, è di dimensioni notevoli tale da costituire un grave danno per il sistema sociale ed economico dello Stato. E purtroppo coinvolge anche la politica, di cui fa parte il parlamento. La consuetudine ormai diffusa di elargire finanziamenti e regalie a tutti i livelli della politica, sembra non aver freno, causando così un circolo vizioso di illegalità che ormai si protrae da decenni e che non fa altro che aggravare la posizione di imprenditori onesti che non hanno agganci politici o denari da investire in certe manovre.

A questo punto però mi sembra che la buona volontà del governo, che può solo proporre le leggi ma non le può fare, perché a farle ci deve pensare il parlamento, sia vanificata dalle resistenze che da ogni parte del parlamento cercano di annacquare le proposte governative. Perché come si può pretendere che venga approvata una normativa per combattere un malcostume che coinvolge anche molti, anche se non tutti, quelli che dovrebbero approvarla?

Mi viene in mente, a questo proposito, una favola di Esopo. Un asino ed una volpe fecero amicizia e insieme se ne andarono a caccia. Incontrarono un leone dall’aria minacciosa. La volpe intuì il pericolo che stava correndo, gli si avvicinò e cominciò a parlargli: si impegnava a consegnargli l’asino, in cambio della sua salvezza. Il leone le promise la libertà: così la volpe condusse l’asino verso una trappola e ce lo lasciò cadere. Il leone, appena vide che l’asino era nell’impossibilità di fuggire, assalì per primo la volpe e poi, con calma, ritornò ad occuparsi dell’animale che era caduto nella trappola.

Ecco, forse non saranno le leggi a combattere la corruzione politica, ma una rivoluzione civile che cacci fuori dalle istituzioni i politici corrotti e imponga un nuovo tipo di politica. I cittadini devono prendere consapevolezza del potere che hanno con il voto. E dovrebbero utilizzare le possibilità di denuncia quando qualcosa non è chiaro, sempre sperando in una giustizia ferma e severa. Solo così si può combattere la corruzione e costruire una società più moderna e civile.