IL DONO PIU’ GRANDE L’AFFETTO RECIPROCO

«Siamo venuti per sigillare un affetto cresciuto in questi anni e insieme confessare la nostra fede come energia che genera umanità bella»: così il Vicario generale della diocesi di Noto, don Angelo Gurdanella, ha condensato il senso della visita a Paganica durante l’Eucaristia della prima domenica di Avvento celebrata nella chiesa in legno della popolosa e storica frazione dell’Aquila. Con lui erano l’economo della diocesi don Gianni Donzello, l’assistente Caritas del vicariato di Noto don Sebastiano Boccaccio, il direttore della Caritas Maurilio Assenza, gli animatori del Progetto Policoro Ada Mazzonello e Salvo Nanè. Visitando i centri storici dell’Aquila, di Paganica, di San Gregorio, di Onna stringe il cuore nel vedere le macerie ancora lì, come nei giorni dopo il terremoto; ascoltare il racconto di come vive la gente, collocata sì nelle abitazioni del Progetto Case, ma dispersa e lontana dai luoghi della propria vita e spesso anche dai luoghi del lavoro, e quindi disorientata, stanca; constatare l’assenza di luoghi di aggregazione diversi dal centro commerciale, e quindi la preoccupazione per i giovani che mancano di luoghi sani e ordinari di ritrovo. E però il cuore si dilata e si commuove per il grande calore con cui si viene accolti, per cui ci si sente subito a casa. E si colgono piccoli segnali di speranza nei locali parrocchiali in cui si è avviato nel pomeriggio l’oratorio per poter dare ai giovani un luogo sano di incontro e, soprattutto, nella vivacità e operosità della comunità parrocchiale. Si resta ammirati dalla generosità con cui si pensa agli altri e si organizza una fiera del dolce per le famiglie della Comunità papa Giovanni di Scicli, conosciute dal gruppo di Paganica durante la loro visita estiva nella diocesi di Noto. Portiamo anche noi qualcosa per il centro parrocchiale, frutto della Quaresima di carità, ma avvertiamo – come si sottolinea nell’incontro con l’Arcivescovo Mons. Molinari – che il dono più grande è l’affetto reciproco e la percezione di come la fede veramente rende fratelli, e quindi permette di testimoniare rapporti belli. Andando a Paganica, non può mancare l’appuntamento con le Clarisse: chi viene per la prima volta resta colpito dalla loro freschezza, dalla gioia contagiosa di dieci monache di cui nove giovani, dal clima che rende possibile una comunicazione al tempo stesso intima e aperta alle sofferenze di tutti. Sempre con il tono della fiducia non ingenua, ma attenta alla storia, che prende corpo e diventa segno in mezzo a noi attraverso le due icone della Madonna e del Crocifisso da loro “scritte” per la Casa don Puglisi di Modica. Con la cura di due particolari: la scarpina slacciata del bambino che indica tutte le paure della vita (del terremoto come dei bambini che avvertono abbandono) che si sciolgono nell’abbraccio della Madre; l’orecchio grande del Crocifisso che sottolinea un Dio che ascolta il grido del povero. Così nell’Eucaristia celebrata insieme alle Clarisse, don Gianni invita ad un abbandono fiducioso in Dio che diventa discernimento della vita e ringrazia per quello che si riceve da una testimonianza contemplativa. Nel viaggio di ritorno si pensa a quanto bene ha fatto e può fare ai giovani un incontro come questo in cui si uniscono fede, affetto, dolore e speranza. E ci si accorge che non aver dimenticato le sorelle e i fratelli di Paganica permette di sperimentare quanto sia vera la promessa evangelica: dietro il Signore si lascia qualche comodità, si supera qualche pigrizia, si attraversano prove, ma si riceva il centuplo in bellezza di senso e di rapporti. Continuerà allora questo gemellaggio nella semplicità e nella sottolineatura di ciò che ci fa restare umani! Con la speranza che questo diventi fermento anche per la vita delle nostre città, e per l’Aquila forza per ricostruire, lottare contro la burocrazia, conservare la propria bella identità.