IL LIBRO DEL TEATRO LA CONCORDIA FA IL GIRO DELLE RUBRICHE CULTURA DEI GRANDI QUOTIDIANI

Sono tempi tristi quelli che la cultura (specialmente teatrale) attraversa oggi in Italia, ma la storia, spesso inascoltata, accerta che l’abbandono delle espressioni artistiche comporta una disgregazione sociale difficile da risarcire.
Lo fa, con attenzione di dati e con un impianto storico istruttivo Rosanna Bocchieri nella monografia «Un teatro, una storia: il teatro della Concordia di Ragusa» (edizioni Sipario), per la cui redazione si è avvalsa anche di documenti manoscritti d’epoca. Ma soprattutto l’autrice, saggista e giornalista culturale su testate e periodici specializzati nazionali, riesce a collocare i fatti storici accanto a quelli sociali in un quadro istruttivo per il lettore di oggi, di cui dovrebbero tenere debito conto i responsabili odierni della cosa pubblica.
Il teatro che oggi è ritornato a nuovo splendore, fu concepito nel 1844 quando la città di Ragusa avvertì il bisogno di rendere popolare il rinnovamento civile fino ad allora maturato quasi esclusivamente nei circoli degli intellettuali e della emigrazione culturale. Il mezzo più adatto per diffondere tra il popolo quei sentimenti libertari che nel ’48 avrebbero conquistato l’Europa, fu il teatro: i patrioti più illuminati fecero venire a Ragusa i testi teatrali e lirici dell’Europa romantica e liberale con le barche dei pescatori che li procuravano a Malta. Una immigrazione clandestina di idee, di fervori democratici e costituzionali che i Borboni cercarono di impedire. Nell’agosto 1844 il teatro nacque e nelle prime stagioni si videro lavori lirici, come la «Traviata», con cui nella Venezia della repressione post-rivoluzionaria, Verdi aveva nascosto sotto una storia d’amore le istanze sociali evidenti nell’originale di Dumas figlio. E sotto le specie di intrattenimento canoro a Ragusa si ascoltò «Rigoletto», da un rivoluzionario copione vittorughiano e che osava proclamare in scena la condanna dei «cortigiani» vil razza dannata. E oltre ai capolavori del repertorio, si poté ascoltare anche il Guarany musicato sul romanzo del brasiliano Alencar padre in cui si delineava il riscatto delle popolazioni oppresse dal colonialismo.
Ragusa ebbe nel suo teatro il centro propulsore di una coscienza civica avanzata. Ma non mancavano i contraccolpi. C’erano i profittatori, e siccome l’autrice documenta attentamente tutto quel che annota, scopriamo che in un atto ufficiale si fa parola di uno «speculante schifoso e mangiatutto» che non doveva essere diverso da altri a noi più prossimi. Dunque il teatro nel quale facevano tappa artisti come Annibale Ninchi, a poco a poco divenne un cinema, poi un cinema con programmazione fascista, e infine un cinema a luci rosse. La cronaca del recupero è recente e incoraggiante, come la storia precedente è illuminante.