Walter Morale, Direttore dell’Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell’ASP di Ragusa, è stato eletto Presidente della Sezione Interregionale Campano-Siciliana della Società Italiana di Nefrologia (S.I.N.) per il prossimo triennio. L’elezione è avvenuta al termine di una consultazione elettorale online che ha coinvolto tutti i nefrologi delle due regioni, confermando la fiducia della comunità scientifica […]
IL MONDO TURCO A RISCHIO DI DESTABILIZZAZIONE?
15 Ago 2013 08:02
Il mondo turco negli ultimi anni ha compiuto dei passi in avanti in tutte le direzioni: in ambito politico, diplomatico, economico aprendo sugli scenari internazionali un orizzonte, una visibilità che fino a qualche decennio fa, erano appannaggio dei soli esperti.
In Italia e in generale in Europa le nozioni possedute sul mondo turco sono sempre state abbastanza vaghe. L’Impero Ottomano, Lepanto, l’Assedio di Vienna, qualcosa su Atatürk e la Repubblica, Nazim Hikmet, ma sempre al di fuori di ambiti specialistici ben poco della sua plurimillenaria storia e civiltà. È sostanzialmente una questione di programmi scolastici ancora obsoletamente imperniati sull’eurocentrismo. Infatti, dell’esistenza di un vasto mondo turcofono al di fuori di questo ambito, quasi nessuno ne è a conoscenza.
Negli ultimi decenni tuttavia, conseguentemente al crollo dell’impero sovietico è venuto ad evidenziarsi un mondo di cui prima l’italiano e l’europeo medio ne erano completamente all’oscuro. Si è venuta a creare un’Asia centrale indipendente e una serie di Paesi che, sebbene l’opinione pubblica li collochi ancora nell’orbita russofona, si sta facendo strada una consapevolezza non astratta, bensì concreta che siano culturalmente e linguisticamente una koinè.
Del resto il fulcro geoeconomico e conseguentemente geopolitico del mondo si sta spostando verso Oriente e che la centralità della supremazia anglofona, che ebbe il suo apogeo durante il secolo scorso, vacilla e sta sgretolandosi per cedere il passo ad un multipolarismo già consolidatosi in nuove entità emergenti, come Cina, India, Russia[1] da una parte, quindi Turchia, Kazakhstan, dall’altra.
La Turchia quale fulcro geopolitico
Una delle entità territoriali che oggi svolge una funzione determinante per l’accesso alla compagine geopolitica centrasiatica, ovvero per la sua integrazione e che, fin dagli albori della storia, indipendentemente dall’avvicendarsi degli imperi o dei governi successisi, ha sempre posseduto un ruolo di potenza regionale, è sicuramente la Turchia. Ruolo che è stato amplificato, universalizzato dalla turanizzazione di questo territorio, avvenuta nei secoli scorsi e non avvizzitosi, come sostengono alcuni ambienti neoconservatori.
Secondo il geopolitologo turco, Suat İlhan:
La Turchia è uno dei tre paesi al mondo il cui territorio è situato su due continenti. Questi tre paesi sono: la Russia, la Turchia e l’Egitto. Benché situata su due continenti, si trova sul punto di congiunzione di tre continenti (…). Viene così ad assumere la posizione di perno dell’Isola del Mondo, termine geopolitico che designa l’insieme di Asia, Europa ed Africa (…). Essa rappresenta la serratura di questo perno e nel contempo la chiave con cui aprirlo (…), l’epicentro attorno a cui si sono sviluppate le antiche civiltà[2] così come le religioni monoteiste (…)[3].
Su questo sfondo i Paesi emergenti in progressione geografica sono essenzialmente tre: la Turchia, l’Azerbaigian e il Kazakhstan.
La Turchia sta attualmente vivendo una stagione di palingenesi politico-culturale unite ad un boom economico inimmaginabile.
Sino alla fine della Guerra Fredda essa ha rappresentato un baluardo contro l’espansionismo sovietico assumendo il ruolo di interlocutore privilegiato della Comunità Europea e della NATO, quest’ultimo incrinatosi soprattutto con la guerra in Iraq. Mentre il post-11 Settembre vede accresciuto il suo ruolo regionale, attraverso la sostituzione della sua funzione strategica di limes e contenitore del citato espansionismo con quella di mediatore con il mondo arabo, iranico o islamico in generale. Del resto un’altra ambizione della Turchia è quella di esportare il proprio modello esclusivo di un islam laico e tradizionale, che non significa fondamentalista.
Resta fermo il progetto della piena adesione, del pieno partenariato con l’Unione Europea che però ormai, data la riluttanza da parte di quest’ultima, si protrae da anni in un altalenarsi apparentemente senza fine. D’altra parte, la crisi economica che la Turchia non percepisce e la politica economica dei due pesi e delle due misure attuata dalla UE nei confronti delle nazioni della fascia nord-mediterranea, fra cui la nostra, sembrano aver raffreddato le velleità d’adesione del Paese anatolico.
Il Premier turco Recep Tayyip Erdoğan, il 25 febbraio del 2005, in un discorso televisivo rivolto alla nazione esponeva il “principio della nuova politica della Turchia” basato su tre concetti fondamentali: Profondità strategica (storica e geografica), politica estera multivettoriale e visione centripeta del Paese. Secondo tale prospettiva, se la Turchia – situata al centro della massa continentale euro-afroasiatica – attraverso una diplomazia attiva e una rete di relazioni multivettoriali, riuscisse a ripristinare i suoi legami storici regionali, deterrebbe la possibilità di assurgere al rango di potenza globale. Tuttavia se vogliamo identificare in una persona il vero artefice di questa cosiddetta svolta “neo-ottomana” – come l’ha definita il politologo Ömer Taşpınar – non possiamo esimerci dal menzionare il Ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu.
Definito il Kissinger turco egli è autore, nel 2001, di un massiccio quanto esaustivo testo di geopolitica di oltre 500 pagine, intitolato “Stratejik Derinlik”, Profondità Strategica per l’appunto. Il libro tradotto in quattro lingue fra le quali il greco, fino a qualche anno fa era totalmente bypassato dalla stampa italiana, che l’aveva laconicamente definito un “libretto” del capo della diplomazia, in cui si invita ad una maggiore autostima per rivivere i fasti dell’Impero Ottomano.
Venendo al governo di Erdoğan, esso seguendo salde politiche economiche ha innalzato di circa tre volte il reddito medio pro capite, accrescendo considerevolmente la classe media. Ma al di là degli aspetti economici ha saputo anche apportare un contributo al dibattito su questioni politiche fondamentali. Come ad esempio la questione curda, iniziando trattative di pace con il PKK[4].
I fatti di Gezi Park
Ma come noto, una scintilla ha recentemente scatenato la rivolta di Parco Gezi, ad Istanbul, vicino alla centralissima Piazza Taksim. Una reazione di protesta contro l’abbattimento degli alberi del parco a favore di un centro commerciale cui hanno aderito gruppi di studenti, giovani, militanti dei partiti politici d’opposizione, scesi in strada e in rete a sostegno dell’insurrezione.
Il pretesto: il presunto autoritarismo imposto dalla politica governativa di Erdoğan.
Una versione che è dilagata su stampa e notiziari nazionali ed esteri, sempre pronti a cogliere l’occasione per denigrare questo Paese percepito vicino o lontano a seconda degli umori e dei pruditi del momento. E questo è il punto essenziale in quanto l’immagine della Turchia che traspariva dalla stampa italiana era quella di un Paese emergente con grandi ambizioni sugli scenari internazionali.
Un Paese, comunque sostanzialmente spesso percepito come un’entità religiosamente ed etnicamente allogena rispetto all’ecumene occidentale. Un fattore che la stampa e i media evidenziano non appena emergono momenti di frizione in ambito di politica interna o esterna. Fattori che poi, in Italia, alla fine sono sempre influenzati dalla contrapposizione dei rispettivi schieramenti politici, come per quanto in passato è accaduto con il “caso Ocalan”. Emma Bonino, Ministro degli Esteri italiano ha, infatti, criticato pesantemente sia il Governo di Erdogan.
Soprattutto nel caso della Turchia con i fatti di Gezi Park e del Kazakhstan con Ablyazov, in Italia si è cercato di agire nei confronti di questi Paesi attuando forme di destabilizzazione. Per quanto riguarda il caso kazako e l’Italia si tratta di una guerra economica occulta, interna ai paesi della UE. Un tentativo da parte di paesi nord-europei di scardinare, come si è fatto in Libia, i rapporti privilegiati delle aziende italiane di estrazione idrocarburi nel paese centrasiatico al fine di appropriarsene.
Per quanto riguarda la Turchia il discorso è più ampio, nel senso che il successo economico e la leadership dimostrata a livello di politica estera negli ultimi anni destano preoccupazione in alcuni ambienti non soddisfatti del nuovo multipolarismo venuto a crearsi.
Una destabilizzazione avrebbe un effetto domino su tutto il Centro Asia e inevitabili, pericolose ricadute sugli equilibri internazionali. Nonché inevitabilmente sul mercato del gas e del petrolio. Provocando facilmente un rialzo dei prezzi, sui quali alcuni centri finanziari – non nuovi a tali operazioni di disinformazione/destabilizzazione – puntano per aumentare vertiginosamente i loro profitti.
[1] Gianluca Ansalone, I Nuovi Imperi, Venezia 2008.
[2] Dagli Ittiti ai Bizantini e poi agli Ottomani.
[3] Suat Ilhan, Jeopolitik Duyarlılık, Ankara 1989, p. 56.
[4] http://www.zaman.com.tr/sahin-alpay/taksim-elbette-ki-tahrir-degildir_2099239.html.
© Riproduzione riservata