Odori, sapori, storia intrisa di saggezza popolare, cultura e biodiversità sono alcuni aspetti del potenziale nascosto delle cave iblee. Non tutti hanno ancora ben capito la portata di ciò che alcuni studiosi chiamano ricchezza naturalistica. Non molto tempo addietro alla parola “Parco” alcuni poco lungimiranti amministratori locali hanno gridato alla disgrazia travisando, invece, l’opportunità che può offrire all’intera comunità. Guardare non è vedere, il vedere presuppone un processo di conoscenza. Solo dopo la conoscenza dell’infinita ricchezza del nostro territorio in termini di biodiversità, si può iniziare a vedere. E’ con questo spirito che insieme a Giovanni Scribano, operatore naturalistico del CAI di Ragusa, abbiamo voluto intraprendere questo viaggio alla riscoperta di Cava San Leonardo.
Il percorso ha avuto inizio dal parcheggio antistante il cimitero di Ragusa. Percorriamo una carrareccia sterrata che parte da un antica via di comunicazione che da Ragusa Ibla portava all’altopiano e poi probabilmente a Castiglione e poi a Comiso. Sicuramente serviva per portare il grano dall’altopiano ai numerosi mulini che si trovano lungo il corso del San Leonardo. Dal punto di partenza, percorsi circa una centinaia di metri, incontreremo sulla sinistra una mulattiera con delle scalinate (adesso cementificati) che portava giù ai tre mulini. Questi , come altri che incontreremo lungo il percorso, sono dei mulini a cascata (uno sotto l’altro). L’acqua della “saia” muoveva le macine del primo Mulino, “il Soprano” da questo passava a muovere le macine del mulino posto più in basso, il “Mezzano”, da questo ancora ad un altro mulino sottostante, il mulino “Sottano” che infine scaricava l’acqua nel torrente. Proseguendo incontreremo una fattoria e uno sperone roccioso dove, in prossimità emerge una faglia che corre parallela al corso del San Leonardo. Continuando si incontrano delle scale che portano giù ai ruderi del campo di Tiro. Questo è uno spiazzo da dove i militari che risiedevano al Distretto di Ragusa Ibla si esercitavano al Tiro su una sagoma posta sul versante opposto. Più avanti troviamo il ponte ferroviario sul San Leonardo (costruito nel 1893) che permette al treno, proveniente dalla stazione di Ibla di superare la cava e immettersi nella galleria che scavata sotto la città, porta alla cava Santa Domenica e poi con un percorso a chiocciola di superare un notevole dislivello, per arrivare alla stazione di Ragusa.
Lungo il percorso incontreremo una biforcazione con una edicola votiva (a fiureda).
Sono delle piccole costruzioni o delle nicchie ricavate sul muro delle case dove è dipinta o scolpita una immagine Sacra. Le edicole votive sono poste nelle strade delle città o nei sentieri di campagna per proteggere i viaggiatori, oppure poste a protezione di una casa. Da qui ci incamminiamo per la carrareccia in discesa che porta giù sul torrente, per guadare il corso d’acqua e visitare il gruppo dei Mulini del Passo. Questi si trovano nel versante sinistro del San Leonardo vicino al ponte ferroviario e sono situati anche questi in cascata ricevendo l’acqua da una unica “saia”.
Vicino ai mulini troviamo dei lavatoi, posti lungo un canale, dove le lavandaie tempo fa andavano a lavare i panni per sé o come lavoro remunerato. Risalendo il torrente è possibile ammirare la flora ripale,costituita da Pioppi e Frassini e maestosi alberi di Noce. Continua è la presenza di Canne e di Equiseto che si sviluppa lungo il corso d’acqua. Un ponticello con tre arcate sostiene una saia per portare l’acqua sull’altro versante per irrigare le terrazze. Ritorniamo indietro fino all’edicola dove riprenderemo il percorso in discesa e sulla destra e più avanti notiamo delle case ricostruite di recente, mentre sulla sinistra altre case sono in completo abbandono. Siamo arrivati nei pressi della chiesa di San Rocco, questa è posta lungo una importante via di accesso a Ibla. La chiesa fu costruita in onore del Santo per proteggere la città di Ibla colpita dalle pestilenze del 1522/24 e del 1576/78, che ne avevano decimato la popolazione. Il quartiere San Rocco è un quartiere periferico molto povero. Le case state costruite addossate alla roccia da cui frequentemente percola dell’acqua che veniva raccolta in canalette, scavate nella roccia e convogliata fuori. Si possono immaginare le condizioni di vita della gente che abitava queste case umide e poco soleggiate. Scendendo per il corso d’acqua si trovano i mulini (tre a cascata) di San Rocco. Riprendiamo il percorso per una stradina che termina con delle scale che risalite portano nei pressi di palazzo Casentini. All’angolo del palazzo, si trova la statua di San Francesco di Paola protettore dei viandanti. Passiamo davanti alla chiesa del Purgatorio dove all’interno possiamo vedere, tra tante altre opere, la Statua di di San Rocco.
Una lunga passeggiata, attraverso un territorio vasto e ricchissimo, da cui è emersa l’identità millenaria fatta di natura e lavoro umano. Abbiamo scoperto che quella che adesso sembra una contesa, in passato era una relazione, basata sull’ascolto, il rispetto, la fatica nell’adeguare l’esistenza umana alle leggi della natura. Occorre una consapevolezza diversa, che deve partire dalla società civile prima ancora che dalla politica, per continuare ad amare e proteggere il nostro territorio, in modo da tutelare un territorio dalle tante identità, che potrebbe essere intaccato da interessi speculativi.