Imprese che lavorano con la Pubblica amministrazione strutturalmente in credito con l’Erario, tanto da essere impossibilitate a compensare tutto il denaro già versato allo Stato. E, sullo sfondo, lo spauracchio di una serie infinita di procedure di rimborso, dai tempi imprevedibili e comunque lunghissimi. E’ questo, in estrema sintesi, il girone infernale nel quale si vedono già proiettate le aziende che lavorano nella filiera delle costruzioni, a causa delle novità sullo split payment, mandate in vigore nel 2015 dall’ultima legge di stabilità. “Per questo il settore – afferma il presidente provinciale della Cna costruzioni Ragusa, Bartolomeo Alecci – già chiede modifiche al Governo. In base alle nuove regole, a partire dal primo gennaio del 2015, chi effettua operazioni Iva nei confronti degli enti pubblici dovrà emettere una normale fattura. Il versamento dell’Iva indicata nel documento, però, non sarà effettuato dall’impresa, come accadeva fino a poche settimane fa, ma dall’ente pubblico che riceve la prestazione. Di fatto, lo split payment non determina alcuna limitazione alla detraibilità dell’Iva pagata ai fornitori, ragione per cui l’impresa matura una situazione creditoria cronica di Iva con riferimento a tutte le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici”. E questo meccanismo è drammatico in modo particolare per le costruzioni. “Il settore delle costruzioni – aggiunge il responsabile provinciale dell’Unione, Vittorio Schininà – è un settore per sua natura a credito d’Iva, perché paghiamo l’Iva sui materiali al 22% mentre le nostre prestazioni sono solitamente ad aliquote agevolate del 4 o del 10 per cento. Questo ci porta ad essere, già in una situazione normale, dei finanziatori dell’Erario, dal momento che abbiamo cifre che restano congelate in attesa delle compensazioni. Tutto questo si amplifica con lo split payment. Per non parlare del problema del raddoppio delle ritenute dei bonifici, una sberla che sfila alle piccole imprese 920 milioni di euro. Con un’operazione a freddo che ci lascia interdetti, si è deciso di portare dal 4 all’8% la ritenuta applicata sui bonifici bancari collegati alle operazioni di ristrutturazione ed efficientamento energetico delle abitazioni e degli immobili delle imprese che danno diritto alle detrazioni fiscali”.
Con l’entrata in vigore di queste novità, infatti, si determina un impoverimento della liquidità delle aziende che lavorano con la Pa. Queste si vedranno sottrarre in maniera costante denaro, trovandosi esposte a un grave rischio nel caso in cui il circuito delle compensazioni risulti sfavorevole. “Quando il credito Iva – dicono ancora dalla Cna – non trova capienza negli altri debiti fiscali nell’ambito della compensazione orizzontale nel modello F24, il problema sulla liquidità delle imprese diventa ancora più grave: l’unica soluzione è quella di richiedere il rimborso dell’Iva e attendere anche molto tempo per ottenere la restituzione delle somme, oltre al pagamento di un professionista per ottenere il visto di conformità sulla dichiarazione”. In altre parole, se i crediti Iva delle imprese diventano troppi da compensare, resta come unica strada quella di imbarcarsi nelle procedure per l’ottenimento di un rimborso. “E i tempi per ottenere il denaro, al momento, non sono certi – afferma il presidente provinciale Cna Ragusa, Giuseppe Santocono – dal momento che l’Italia è già stata sottoposta a una procedura di infrazione europea, proprio per il problema dei rimborsi. Ecco perché come Cna chiediamo di escludere da questo sistema il settore delle costruzioni. O, in alternativa, di creare un meccanismo che consenta alle imprese di ottenere i rimborsi Iva in maniera molto più veloce di quello che avviene oggi. Le aziende della filiera delle costruzioni chiedono questi interventi al Governo per disinnescare la bomba dello split payment. La conseguenza del nuovo meccanismo è che molte imprese, soprattutto quelle del settore edile, andranno strutturalmente in credito di imposta, con un pesante effetto sulla loro liquidità. Non è possibile che piuttosto che alleggerire le imprese da lacci e lacciuoli si continui in questo gioco al massacro. Così non rimarrà più niente del substrato produttivo che, come nel caso dell’area iblea, ha reso importante e competitivo, in passato, il nostro territorio”.