IL VINO CHE TAGLIA LA LINGUA

Il tazzelenghe è un vitigno friulano dal nome molto curioso, il quale però racchiude in una sola parola una definizione sì semplicistica, ma abbastanza chiara sulle caratteristiche che possiede questo vitigno.

Il significato di tazzelenghe, detto altrimenti tacelenghe, è taglia lingua ed è riferito al grande quantitativo tannico che possiede questo vitigno, unito spesso anche a un’elevata quantità di acidità, che può risultare anche aspra.

Il vitigno è considerato prettamente autoctono friulano, precisamente della provincia di Udine. Come tutti i vitigni appartenenti alla famiglia della vitis vinifera, è certo che l’origine del tazzelenghe vada ricercata nel Medio Oriente, ma le scarse fonti di cui disponiamo non permettono di elaborare delle congetture approfondite sulla reale origine di questo vitigno. Sappiamo che già nel 1863 era coltivato e diffuso nell’udinese. L’avvento delle fillossera e la successiva moda delle varietà internazionali hanno ridotto in modo preoccupante la coltivazione del tazzelenghe, al punto da rischiare seriamente l’estinzione. A seguito di un’altra moda, quella di recuperare vitigni minori o dimenticati, il tazzalenghe sta vivendo una seconda giovinezza, quanto meno in Friuli-Venezia Giulia, dove è comunque coltivato soltanto in provincia di Udine, ma complice il nome curioso è consumato o conosciuto in tutta la regione.

In genere il tazzelenghe era vinificato solo in acciaio. Il risultato era un vino dal colore porpora intenso, semplice, gustoso, ma con una nota tannica molto accentuata, che, se non di buona fattura, rendeva il vino poco gradevole, e soprattutto con un’acidità a volte troppo aspra, tanto da poter risultare sgradevole. Problemi, questi due, facilmente risolvibili con una vendemmia un po’ più tardiva, in modo da abbassare l’acidità totale del vino ed essere sicuri che il tannino non abbia più tracce di verde. Molti produttori, oltre a maggiori accortezze nelle fase della vendemmia, hanno ritenuto idoneo procedere con un passaggio in legno. La maturazione in rovere ammorbidisce notevolmente le spigolature del vitigno, ma in qualche modo ne appiattisce il carattere, tanto da poter essere confuso in vari casi con altri vini.

Il tazzelenghe non è sicuramente un vitigno capace di dare vini importanti, ma le sue caratteristiche sono idonee per farne un vino tipico e particolare. Un passaggio in legno eccessivo addomestica eccessivamente certi tratti e rende il vino, sicuramente più accettabile nel gusto, ma sicuramente più anonimo. In fondo se non si gradisce l’impronta dura di questo vino, basta orientarsi  su un altro.