Le donne rappresentano la colonna portante nel mondo del volontariato veronese.
L’altra metà del cielo rappresenta infatti oltre il 50 per cento dei volontari impegnati nelle associazioni in tutti i campi del terzo settore; da quello sanitario al primo soccorso, dall’assistenza ai disabili, alla tutela del verde e dei beni monumentali.
Al di là dell’impegno costante e quotidiano nelle varie associazioni, le donne stanno via via iniziando a ricoprire anche cariche e ruoli dirigenziali all’interno delle organizzazioni di volontariato per cui operano. Un’analisi della banca dati del CSV Centro Servizio per il Volontariato di Verona, ha infatti dimostrato che le cariche “in rosa” nel terzo settore veronese sono circa il 30 per cento del totale. Un numero ancora lontano dalla parità, soprattutto considerato che le donne rappresentano la maggioranza dei volontari, che sta però gradualmente aumentando di anno in anno. I dati veronesi sono in linea con quelli nazionali, che si ritrovano tra l’altro anche in altri ambiti quali ad esempio la politica. Ma presentano anche punte d’eccellenza.
È una donna, infatti, a ricoprire uno dei gradini più alti della rappresentatività del volontariato sul territorio e del suo rapporto con le istituzioni, a livello locale, regionale e nazionale. Presidente del CSV, Centro Servizio per il Volontariato, che coordina le oltre 400 organizzazioni di volontariato di città e provincia, e membro nazionale del CSV Net, è Elisabetta Bonagiunti. Insegnante ora a riposo, da anni fa volontariato all’associazione ANTEAS, che si occupa di attività ricreative per anziani, e sta impiegando tempo e dedizione per il mondo del terzo settore veronese, sostenendone le politiche più efficaci ed efficienti ed esportandole in tutto il Paese.
Volontariato secondo lei è sinonimo di? “Impegno e amore verso gli altri, a prescindere dalla connotazione che viene fatta della parola altro. Mettere sè stessi a disposizione del prossimo è un’esperienza che arricchisce non solo chi riceve queste cure ma anche, e soprattutto, chi le offre”.
Donne e volontariato, che dire? La sfera femminile anche nei ruoli dirigenziali delle associazioni non può che arricchire molto il mondo del volontariato. Senza usare vecchi stereotipi, dalla mia esperienza posso dire che la donna tende meglio a mediare e ad organizzare le attività. Soprattutto in un campo tanto delicato quale è il terzo settore, che si basa proprio sull’impegno volontario di chi ha tempo e voglia di mettersi a disposizione per gli altri. Le donne guardano all’obiettivo e sono in grado di perseguirlo in molti modi, mettendo in campo un’energia ed una forza invidiabili. Hanno una più spiccata “ottica del servizio”. Anche gli uomini, certo, ma purtroppo a volte rischiano più delle donne di lasciarsi travolgere da logiche di potere che abbiamo anche nel nostro settore, nonostante la matrice volontaria dell’impegno di ciascuno.
Chiara Tommasini ha 34 anni, da anni svolge servizio di pronto soccorso sulle ambulanze dell’SOS SONA, oltre a ricoprire il ruolo di consigliere nel direttivo del CSV. “Quella a cui mi dedico è una tipologia di volontariato molto particolare: permette di valorizzare le attitudini e l’intraprendenza del singolo attraverso un’attività molto impegnativa (i turni di servizio coprono 24 H su 24, quindi anche le notti e i fine settimana). E i giovani, soprattutto, vengono spinti a maggiori responsabilità con una formazione continua e costante tanto che in molti poi ne fanno la loro vocazione: non è raro infatti che i giovani entrino come volontari in associazione e poi diventino infermieri o medici”, spiega Chiara, che nella vita di tutti i giorni, tolta la divisa arancione fluorescente, lavora come impiegata.
“In SOS SONA, grazie alla capacità di attrarre contributi sia privati che pubblici destinati all’acquisto di attrezzature mirate ad offrire un servizio diffuso in modo capillare sul territorio e difficilmente perseguibile dalle ASL (con notevoli risparmi di costi per la sanità pubblica a cui comunque facciamo riferimento), abbiamo puntato al miglioramento continuo della qualità del servizio, attraverso una costante attività di formazione dei volontari, la capacità di garantire risorse umane e mezzi efficienti e preparati in caso di calamità, anche come protezione civile, come è stato per l’Abruzzo dove siamo intervenuti per svariate settimane dopo il sisma.”, aggiunge Chiara.
Impegnata quasi a tempo pieno nel volontariato da anni, ma in un settore decisamente diverso da quello dinamico e adrenalinico del primo soccorso, è Lucia Di Palma, 51 anni, dallo scorso aprile presidente dell’associazione ABIO, che si occupa dei bimbi in ospedale. ABIO, che tra città e provincia conta oltre cento volontari che si occupano dell’assistenza e di attività con i giovanissimi pazienti dei reparti ospedalieri del territorio, vanta un piccolo primato. Sia presidente in carica che presidente onorario sono donne. La prima ve l’abbiamo appena presentata, mentre a ricoprire la seconda carica è la veronese Michela Azzini, che per anni a sua volta ha diretto l’associazione. “Fondamentale nel nostro lavoro quotidiano con gli altri è l’ascolto. E anche per me, che sono chiamata a dirigere una squadra tanto numerosa di volontari, è importantissimo ascoltare le loro esigenze e mediare tra le molte idee e i punti di vista che nascono di giorno in giorno”, spiega Di Palma che per volontariato cura i bimbi e di lavoro anziani e ammalati, apportando quindi la propria professionalità anche nella sfera della gratuità. “Obiettivo principale è quello del benessere dei bimbi e tutto quello che facciamo è orientato a questo. Per l’associazione, invece, il compito primario che mi sono prefissata è quello di esportare le tecniche di assistenza e i progetti che hanno dimostrato la propria validità ed efficienza in una struttura sanitaria, anche in tutti gli altri ospedali del territorio”, conclude Di Palma.