INTERVISTA AD UN PASTORE

Il signor Luigi è stato per molti anni pastore.  Un mestiere biblico. Ha trasmesso anche a un figlio la passione  per questo lavoro. Sentirlo parlare dei greggi e delle bestie che lo hanno accompagnato negli anni nelle transumanze è un vero piacere e si scopre un mondo sconosciuto ai più. che ho pensato  di trascriverlo, attraverso questa intervista. Ma è solo la prima parte. Prossimamente intendo pubblicare l’intervista alla moglie. Un punto di vista interessante, perché diverso e altrettanto vissuto.

Signor Luigi, chi è un pastore?

Una persona come le altre di per sé, che è appassionato di animali domestici.

Una mia amica cha ha tre cani e sette gatti e una tartaruga, li ama molto,  ma non si considera della categoria pastorizia.

Intendevo, e mi pareva evidente, animali domestici da pascolo: pecore, capre, vacche, ecc.

Quali sono le mansioni del pastore  e differenze tra pastori, se ce ne sono?

Ci sono più tipi di pastore a seconda del tipo di animale che  conduce e se è stagionale (stanziale), o vagante (transumante).

Ah, interessante…

E, cosa importante da dire, è che il pastore predilige una certa categoria di animali, ad esempio greggi  di pecore, o capre, o misti: caprini e ovini…

E lei signor Luigi?

Io ero un pastore itinerante, di pecore, ma avevo, come quasi la totalità dei pastori, anche un piccolo gregge di capre (10, massimo 15).

Quanto era grande in media il suo gregge di pecore?

Dalle novecento alle milleduecento secondo le annate.

Tutte sue?

Ma no, assolutamente no. Le mie erano circa 400, le altre potevano essere di cinque o più proprietari.

Ma come le distingueva le pecore del gregge di un padrone da quello di un altro?

Come le persone, nessuna è identica a un’altra e io le riconoscevo, ma per precauzione (dei committenti soprattutto), erano  marchiate a un orecchio.

E che altri animali portava con sé?

Una decina di asini tra adulti e puledri. Gli adulti servivano a portare gli agnellini e ciò  che serviva per dormire e cambiarsi. Sa, capitava di restare sotto la pioggia e bagnarsi tanto.

E i puledri?

Erano da allevamento e da riproduzione e i maschi anche da carne.

E poi?

E poi, insostituibili, almeno un paio di cani a testa: sì, perché eravamo almeno un paio di pastori  per ogni gregge in transumanza.

 Di che razza erano i suoi cani?

Erano cani da pastore allevati dalla mia famiglia da generazioni, ma ad un certo punto ne ho comprato uno da altri pastori che era un meticcio di razza pastore siberiano e collie scozzese. Un ottimo cane! Ricordo che era velocissimo a raggrupparle e nessuna riusciva a rompere il cerchio. Era formidabile, si chiamava Turco.

Come ha detto poco fa, lei era pastore itinerante. Quali erano i suoi percorsi usuali? O cambiavate ogni volta?

La maggior parte delle volte si percorrevano più o meno le stesse strade. Si partiva dall’inizio da Roncegno Terme in Valsugana (TN), si costeggiava il fiume Brenta, fino a Bassano del Grappa (VI), si passava in periferia da Romano di Ezzelino  quindi si  giungeva a Caselle d’Asolo (VI), attraversando campagne o strade secondarie, (sempre tenendo conto dei pascoli più o meno ricchi che si incontravano), si proseguiva per Villorba di Treviso,

E poi?

Fontane di Treviso, Maseraga di Piave (sempre prov. di Treviso) e si arrivava a Ponte di Piave (Tv); costeggiando l’argine del fiume Piave, si giungeva a S. Donà di Piave e dopo di attraversava il fiume (e si arrivava così in provincia di Venezia), a Caposili, Millepertiche , Biancade, Roncade, Casal sul Sile,  (si è tornati in prov. di Treviso), Casièr, Doson, Breganzioi, san Bughè, Sette Comuni,  San Trovaso, poi si  tornava indietro e si arriva a Quinto di Treviso, si tornava a Casale sul Sile…

Ma quanto impiegava ad arrivare fino a Quinto?

Circa quattro mesi, anche perché ci si fermava a pascolare il più possibile il bestiame. Come ho detto si tornava  a Casale sul Sile, costeggiando il Sile fino a Iesolo, Eraclea fin quasi a Caorle qui si prendeva l’argine del fiume Livenza e si arrivava a Torre di Mosto (Ve), e poi a Sastino di Livenza, Motta di Livenza… a Oderzo, poi si passava per  San Nicolò di Piave,  Negrisia di Piave, si attraversava Ponte di  Piave,  si passava per S. Biagio di Calalta e si arrivava a  Silea di Treviso, si attraversava la città arrivando a Fontane di Treviso e poi  da lì, si tornava, in una quindicina di giorni, di nuovo in Valsugana. Ci si impiegava meno tempo, perché si stava sulle strade e non nelle campagne. Era già la  metà di maggio.

E ovviamente sempre a piedi.

Sì, sempre a piedi.

Ha mai conteggiato quanti chilometri di transumanza  faceva?

No, non ci ho mai pensato veramente, posso solo dire che  al ritorno a maggio si arrivava a percorrere fino a 35 chilometri in un giorno. Lo so, perché si doveva percorrere un certo tratto sulla strada (senza entrare nelle campagne), quindi era facile calcolare.

Ogni quanto partorivano le pecore?

Tre volte in due anni con gravidanze di cinque mesi, mentre le capre partoriscono una sola volta all’anno. Le asine, ogni 12 mesi o più precisamente 13 lune…  e dopo 8 giorni dal parto sono già in calore, per cui anche loro partoriscono una volta all’anno. E i cani… ben, ma quello lo saprà di certo…,  ma se vuole glielo dico: 63 gg. E vanno in calore due volte l’anno.

A proposito di cani. A parte Turco, ha qualche aneddoto dei suoi?

Certo, ne ho  tanti, ma le parlerò dei più abili. Diana, per esempio, era bravissima e riusciva a capire anche da un semplice gesto cosa volevo facesse e lo eseguiva alla perfezione. Rispondeva solo a me e a nessun altro, ma non faceva nemmeno passare nessuna altro! Quindi era  anche una grande guardiana.

 E  chi altri?

Cuchi! Era  fantastico a spingere il gregge e a non perdere agnelli. E se mancava qualcuno all’appello andava a scovarli dove erano finiti o si erano nascosti al riparo dal sole o la pioggia. Ne ha  trovato anche uno in un fosso che non era più capace di uscire, ma Cuchi provvide. Un’altra volta, si stava tosando e una pecora scappò, si buttò nel canale (era anche molto ampio e profondo) lo attraversò e  se ne andò. Chiamai Cuchi che   si buttò a sua volta, raggiunse la pecora fuggitiva la costrinse a ributtatìrsi nel canale e a tornate indietro e lui apresso. Era un grande, Cuchi.

Qualcun altro?

Sì una capra.

Una capra?

Sì, era la capobranco del gregge di 15 capre. Era bianca con  una vaga sfumatura rosa e il nome era proprio Rosi. Un giorno di pioggia e tempesta, stavo mungendo le vacche , sa io ho  avuto anche  lavoro in malga (masseria di montagna), erano fuori allo stato brado, controllate solo  di tanto in tanto. Improvvisamente vidi  apparire in stalla la Rosi da sola, al che io le ho detto : “Ma che brava, e le altre?”. Si è girata ed è uscita e io mi son detto che avevo perso anche  quella lì. Dopo un tre quarti d’ora circa (io ero ancora nella stalla per la mungitura), eccola con tutto il gregge. Era andata a recuperarle tutte, ma solo quelle del mio gregge. E mi permetta di dire ancora una cosa di quella  magnifica capra. Si lasciò uccidere da un cane di un altro malgaro che lo aveva aizzato contro il gregge. Si sacrificò per salvare le altre.

 Cosa è stato per lei essere pastore vagante?

La realizzazione di una vita. Prima di tutti  sono riuscito a realizzare una famiglia, infatti ho conosciuto mia mogli,  che ha condiviso questa mia vita nel senso che l’ha accettata e spesso mi ha anche aiutato. Non era né semplice né scontato, sono stato fortunato in questo, poi sono riuscito a comprare campagna, con la sua vendita ho potuto comprare una casa dove abito tutt’ora.

Insomma mi sono realizzato come uomo, marito e padre.

 

In ringraziamento alla sua disponibilità, voglio dedicare al signor Luigi la celebre poesia di Gabriele D’Annunzio:

 

I pastori

di Gabriele D’Annunzio

 

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natìa
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lunghesso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.

Ah perché non son io co’ miei pastori?