In questi giorni alla ribalta della cronaca locale è assurta la controversia della comunità della Parrocchia del Carmine di Modica , giacché è stato disposto dal Vescovo l’assegnazione ad altra Parrocchia del Sacerdote attuale.
Da osservatore laico ho analizzato e cercato di sviscerare quale causa sia potuta insorgere tra il massimo rappresentante della Chiesa, suo figlio (il sacerdote) e i fedeli:
Abbracciare la Croce del Signore e dedicarsi alle anime degli individui siano essi parrocchiani o meno, comporta degli obblighi o impegni come si voglia dire, in primis occorre donarsi senza aver nessun contropartita dai fedeli, né da massimi rappresentanti ecclesiali; si dà il massimo della spiritualità religiosa e il diffondere il verbo a chi lo richiede, accostando alla parola anche chi né è lontano o disinteressato , così improntato ad un arricchimento personale di crescita sacerdotale e di realizzazione di obiettivi che ci si è preposti quando si è posti al servizio della comunità parrocchiale.
Il Sacerdote ha un suo ruolo di guida della comunità e i fedeli o parrocchiani hanno un loro ruolo di partecipazione attiva , in simbiosi .
Quando questa osmosi vien meno, quando la comunità parrocchiale deborda dal proprio ruolo e si assume il diritto di ”scegliere” chi debba guidare la stessa, e il sacerdote che si allontana dalla sua missione assumendo una guida vanitosa della comunità, palesando che senza la propria impronta la Chiesa non sarebbe “ cresciuta” , quindi non possa proseguire nel “progetto “ religioso intrapreso.
Non deve assolutamente trasparire dal presbitero nessuna reazione di arrabbiatura alle decisioni assunte nella giustezza o meno da parte del suo Vescovo, perché in tal caso i parrocchiani saranno spinti a intraprendere azioni di lacerazioni all’interno della Chiesa.
Chi arreca maggior danno in tale controversia è l’intervento della rappresentanza politica che esprime nelle sue vesti giudizi negativi all’avvicendamento dei sacerdoti nella chiesa parrocchiale, dannoso per la sua influenza nell’ambito della società civile nel rafforzare il consenso e il convincimento della ’’ingiustizia” perpetrata, astenendosi dal rilasciare dichiarazione di discordanza alle decisioni che sono state prese da chi ha il governo della Diocesi
Oltretutto , nella celebrazione della S.Messa vi è un passaggio che fa riflettere : ” rendi la nostra diocesi, in comunione con il Vescovo , un cuore solo e un’anima sola,” ; un cuore e un’anima sola ed in comunione con il Vescovo che nel caso in questione non traspare questa unione da parte del presbitero e dei fedeli.
Un’altra importante riflessione riguarda: che con tale atteggiamento assunto dai parrocchiani , questi chiudono la porta della Chiesa al nuovo venuto anziché spalancarla con la gioia di riceverlo ed aiutarlo nella propria missione sacerdotale , trasparendo un’indisponibilità all’accoglienza e a chi si trovi in difficoltà non tendendo al sentirsi un unico corpo nel nome del Signore. Ci si allontana dai princìpi della Chiesa.
Nella lettera che il sacerdote ha inviato alla comunità parrocchiale lascia perplessi un passaggio : “Obbedire al «mio» Vescovo non come un militare, ma in modo adulto, è la strada sicura che ho scelto per servire la Chiesa..”, l’obbedienza al Vescovo è implicita al momento dell’ordinazione sacerdotale e non perché risulta dovuta “come un militare o da adulto” , è un impegno preso davanti a Dio quando si è consacrati sacerdoti, ha un non senso quanto dichiarato, superfluo, nè si ritiene che debba manifestato nelle lettere ai fedeli , giacché attenersi alle Sue decisioni è vincolante, quando si vuole servire la Chiesa.
Lettera firmata
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