La conoscenza scientifica

Il mondo esiste da miliardi di anni prima della comparsa dell’uomo sulla faccia della terra e sicuramente esisterà ancora per miliardi di anni anche dopo l’estinzione della stirpe umana. (Chissà come si contavano gli anni prima della nascita del sistema solare e chissà se c’è mai stato qualcuno che se ne è preso la briga?!).

La sua esistenza è regolata da leggi… ma siamo sicuri che trattasi di leggi? Si era convinti che l’universo, le galassie, le stelle, il sole, i pianeti si reggessero per via della legge di gravità ma poi Albert Einstein (1879-1955) riuscì a descrive il loro funzionamento e con più precisione senza ricorrere alla forza di gravità. E allora?! 

Diciamo quindi che il mondo ha un suo modo di esistere e di trasformarsi per noi misterioso e che ci sforziamo di conoscere cercando di capire se ciò che avviene è regolato da leggi e se il suo modificarsi è casuale oppure è necessario. In parte qualcosa abbiamo compreso o quantomeno riteniamo di avere compreso.

Conoscenza scientifica è l’attività che l’uomo, attraverso varie discipline: fisica, chimica, biologia, ecc., effettua allo scopo di trasformare i misteri della natura in problemi e trovare delle soluzioni e delle spiegazioni logiche e razionali: le leggi della natura.

Ma le leggi della natura sono dei legami veri, precipui e intrinseci della natura che noi man mano andiamo scoprendo (le scoperte scientifiche) per cui la conoscenza scientifica sarebbe il riflesso della realtà precostituita verso cui ci adeguiamo? Di ciò erano grandemente convinti Galileo Galilei (1564-1642), Isacc Newton (1642-1727) e tutti i meccanicisti del settecento e i positivisti dell’ottocento. C’è in loro la convinzione che il mondo fosse stato costruito da Dio, per i credenti, o dalla Natura, per i laici, secondo le regole della geometria euclidea e conoscerlo significava adeguarsi a questa disciplina: gnoseologia dell’adeguazione.

Oppure le leggi della natura sono un nostro modo di organizzare quanto osserviamo, cioè i fenomeni, assolutamente indipendente da quello che realmente avviene in natura, un insieme di “congetture” con cui cerchiamo di dare una spiegazione soddisfacente e razionale a cose che pur sempre permangono misteriose?

Gli stessi padri della scienza moderna, Galileo e Newton, pur essendo intimamente e profondamente convinti che le loro proposizioni scientifiche fossero il riflesso della verità vera del funzionamento dell’universo, nella loro attività di scienziati hanno introdotto concetti quali lo spazio assoluto, il tempo assoluto, la massa di un corpo, la forza, il principio di causa ed effetto che ad un esame critico attento e che va al di là del senso comune [il critico fu Immanuel Kant (1724-1804)] risultano non avere un riscontro preciso nella oggettività della realtà ma essere dei concetti inventati e ammessi in quanto necessari alla costruzione di spiegazioni utili e convincenti dei fenomeni esaminati ma pur sempre pure invenzioni, “congetture” appunto.

Alla fine dell’ottocento si ritenne possibile – anche se solo in via del tutto speculativa e teorica – l’ammissione di geometrie non euclidee, quelle in cui non si assume per vero il quinto assioma di Euclide (c. 300 a. C.) “per un punto fuori da una retta passa una ed una sola retta parallela alla retta data”.

[Due rette si dicono parallele quando, prolungate finché si vuole ovvero fino all’infinito – i Greci erano restii a trattare con l’infinito ed Euclide stesso aveva qualche perplessità sul quinto assioma – non si incontrano.]

Un teorema conseguenza del quinto assioma è che la somma degli angoli interni di un triangolo fa un angolo piatto. Ebbene tutte le misure effettuate dall’uomo su triangoli fisici di diversa grandezza e natura hanno sempre dato – entro i limiti di approssimazione dello strumento di misura usato – come somma un angolo piatto. Anche altri teoremi della geometria euclidea trovano riscontro nella realtà fisica per cui si ritenne, fino a tutto l’ottocento, che l’unica geometria possibile fosse quella euclidea, specchio fedele del mondo esterno. Mentre le altre, pur coerenti e ricche di teoremi, erano ritenute solo puro esercizio matematico. Ma all’inizio del novecento ad Albert Einstein venne più semplice descrivere l’universo della relatività usando le geometrie non euclidee.

Allora il libro della natura con quale geometria è scritto?

Dopo la critica di Kant sappiamo che non ci è dato sapere come realmente funziona l’universo e che la geometria euclidea, le geometrie non euclidee, la matematica elementare, l’analisi matematica, le leggi, le teorie e i modelli della fisica non sono i linguaggi con cui è scritto il mondo, non sono i veri meccanismi di funzionamento della natura ma sono linguaggi da noi inventati per descrivere e dare spiegazione dei fenomeni osservati.

È lo stesso procedimento che si ha nel racconto di uno stesso avvenimento fatto dal giornalista, dal romanziere, dal poeta, dal vignettista, dal regista cinematografico, dal drammaturgo: le leggi della composizione del racconto sono peculiari del linguaggio giornalistico, narrativo, poetico, fumettistico, cinematografico, teatrale con cui l’avvenimento è rappresentato e non dell’avvenimento in sé.

Le leggi fisiche sono peculiari del modo con cui gli scienziati ci hanno raccontato il mondo e non del mondo in sé.

Oggi si ha piena consapevolezza che l’uomo non solo inventa i concetti per meglio comprendere i fenomeni ma utilizza le conoscenze acquisite per interviene sulla natura modificandola pesantemente. Ne sono esempi la trasformazione massiccia di energia, la creazione dell’energia nucleare, gli interventi sul DNA. Alla gnoseologia dell’adeguazione è subentrata la gnoseologia dell’azione per cui conoscere significa agire sulla natura modificandola.

 

   Il nostro compito non è di penetrare l’essenza delle cose, il cui significato ci sfugge in ogni caso, ma di sviluppare concetti che ci permettano di parlare in modo produttivo dei fenomeni naturali.

        Niels Bohr (1885-1962), lettera a H. P. E. Hansen, 20 luglio 1955

 

Si pone allora un problema. Fintanto si riteneva che l’azione dell’uomo consistesse nell’adeguarsi alla natura, non si poteva non avere, della ricerca scientifica, che una accezione univocamente, sicuramente e decisamente positiva. Ma se l’azione dell’uomo significa intervento modificatore sulla natura senza conoscerne i veri meccanismi di funzionamento non si ha, né si potrà mai avere, la certezza che gli interventi portano a risultati sicuramente e totalmente positivi. Ne sono una prova le insicurezze le perplessità le esitazioni le apprensioni le paure i dubbi le preoccupazioni attorno a ingegneria genetica, a produzione e coltivazione di organismi geneticamente modificati (ogm).

 

   Siamo su un treno che va a trecento chilometri all’ora, non sappiamo dove ci sta portando e, soprattutto, ci siamo accorti che non c’è il macchinista. Carlo Rubbia (1934)

 

Allora cosa è bene e cosa è male nella azione dell’uomo?!

 

   Diventare Dio è soltanto essere liberi su questa terra, non servire un essere immortale. È soprattutto, beninteso, trarre tutte le conseguenze da questa dolorosa indipendenza. Se Dio esiste, tutto dipende da lui, e noi non possiamo niente contro la sua volontà. Se non esiste tutto dipende da noi.

   Da Il mito di Sisifo di Albert Camus (1913-1960)

 

Ragusa, 30 maggio 2017

                                                                                                     Ciccio Schembari

 

Articolo pubblicato sul n. 142/2017 “Fenomeni” della rivista on line www.operaincerta.it