LA MAFIA

E’ difficile,oggi, dire cosa sia realmente la mafia più di quanto non lo fosse in passato, quando ne sapevano così poco che per definirla era forse sufficiente dire che era un’organizzazione criminale siciliana il cui scopo fosse quello di far quattrini attraverso il racket dalle estorsioni, lo spaccio di droga, la prostituzione, gli appalti truccati e altre vicende del genere. Oggi ne sappiamo molto di più ma ci rendiamo conto che è eccessivo per continuare a definirla in maniera così riduttiva e ancora troppo poco per poterla definire in maniera assoluta o almeno con sufficiente attendibilità.
Quale definizione possiamo oggettivamente dare alla mafia, se non che la medesima coincida sostanzialmente con la stessa società nazionale che paradossalmente la combatte? Qualcuno, non ricordo chi, fece un’affermazione riguardo alla mafia che in un primo momento poteva apparire semplicistica e beffarda, ma che probabilmente conteneva un fondamento inquietante di verità: la mafia non esiste.
Pertanto, se un uomo come Andreotti, che per anni è stato Primo Ministro e che rappresentava il simbolo dello Stato italiano, viene accusato di essere referente politico di Cosa Nostra, anche se in seguito è stato assolto, cos’altro possono pensare i comuni cittadini se non che effettivamente la mafia non esista, o che quantomeno ne facciano lo stesso parte integrante, in qualità di elettori ottusi, di ministri, “onorevoli” e segretari di partiti che intascano tangenti, tutti consapevoli o inconsapevoli con un sistema sociale basato sulle raccomandazioni, sull’omertà e sulle evasioni e il conto fiscale?
Certo ci sono numerosi libri che illustrano la storia della mafia, i suoi tanti delitti, le stragi la sua strutturazione: ma si tratta proprio di storia di mafia o piuttosto di storia di comuni cittadini cresciuti in una società dove i valori erano totalmente distorti? La verità è che la storia della mafia italiana non è altro che la storia della nostra stessa società , edificata sulla prevaricazione e lo sfruttamento dei potenti nei confronti dei deboli, sul principio della stratificazione e lo sfruttamento dei potenti in gruppi omogenei e ben differenziati tra loro, sulla ripartizione in clan di appartenenza di ogni tipo, dalla politica (i partiti) alla massoneria, dalle cosche criminali ai club sportivi…
Ma chi dobbiamo ringraziare se oggi abbiamo tutte queste notizie su questo fenomeno? Soprattutto  Falcone e Borsellino che sono stati quelli che hanno stanato questa piovra grazie alla loro abilità, sempre costanti e imperturbabili, con  pazienza mattone dopo mattone hanno costituito un vero e proprio muro per annientare, anche se in parte, questa organizzazione. Anche perché questi due “martiri della giustizia” (come li ha definiti Giovanni Paolo II), conoscevano perfettamente il meccanismo della mafia perché erano due siciliani  e questo costituì un grande vantaggio e anche grazie alla loro incorruttibilità, che segnò la loro vita fino alla fine dei loro giorni.

Sono  morti entrambi in due attentati: la strage di Capaci, per quanto riguarda Falcone e la strage di via Amelia, per quanto riguarda Borsellino.
Dobbiamo anche osservare che la chiesa si è schierata contro questo doloroso fenomeno e ne è stata  dimostrazione la clamorosa visita fatta dal Santo Padre Giovanni Paolo II, il quale fece il primo passo verso la beatificazione di don Pino Pugliesi, quando ad Agrigento pronunciò l’anatema contro la mafia, giorno che rimase impresso nella mente dei siciliani: “ Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio”. Gridò il Santo padre con voce forte e autoritaria direttamente ai responsabili di un regime di “oppressione a morte”. Prima che accadesse ciò il Sommo Pontefice , incontrando i genitori di Rosario Livatino (giudice ragazzino) aveva definiti martiri della giustizia indirettamente dalla fede”e ai detenuti del carcere minorile catanese aveva ricordato che chi si rende responsabile di violenze e sopraffazioni macchiate di sangue umano  dovrà rispondere d’avanti al giudizio di Dio”.
Nel terzo millennio non deve esserci più posto per la mafia e deve essere condannata combattuta fino al completo annientamento, qualunque cosa essa sia.

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Articolo redatto da Daniele Santoro

Classe II B

ITET “ G. Garibaldi” Marsala

Docente referente: prof.ssa Teresa Titone