La più grande inondazione della terra ha cambiato per sempre l’aspetto del nostro territorio: le prove scientifiche grazie allo studio dell’altopiano Ibleo

Circa 5 milioni di anni fa, la Mega-Alluvione Zancleana, trasformò radicalmente il bacino del Mediterraneo. Si tratta di uno degli eventi geologici più drammatici e significativi nella storia del nostro pianeta e ha cambiato per sempre la morfoligia del nostro territorio. Un recente studio multidisciplinare pubblicato su Communications Earth & Environment getta nuova luce sull’evento, fornendo prove concrete e dettagliate che avvalorano l’ipotesi di un riempimento catastrofico e rapidissimo del Mediterraneo, avvenuto in un arco di tempo stimato tra 2 e 16 anni. Le nuove prove, emerse da ricerche condotte in Sicilia, tra le province di Siracusa e Ragusa, forniscono supporto all’ipotesi di una mega-alluvione violenta che trasformò radicalmente l’aspetto morfologico del nostro territorio.

Contesto storico e scientifico

Tra 5.97 e 5.33 milioni di anni fa, il Mediterraneo attraversò la Crisi di salinità del Messiniano, causata dall’isolamento dall’Oceano Atlantico dovuto al sollevamento dello stretto di Gibilterra. Questo portò a un prosciugamento quasi totale del bacino, che si trasformò in una vasta distesa desertica salata, causando estinzioni di massa tra le specie marine e depositi di enormi quantità di sale e gesso.

La successiva riapertura dello stretto e il ritorno dell’acqua marina Atlantica segnarono il riempimento del bacino, ma la velocità e le modalità di questo processo sono rimaste a lungo oggetto di dibattito scientifico. Le nuove prove, emerse da ricerche condotte in Sicilia, tra le province di Siracusa e Ragusa, forniscono supporto all’ipotesi di una mega-alluvione violenta.

Principali scoperte

L’area studiata è caratterizzata da oltre 300 colline allungate, orientate Nord Est-Sud Ovest, separate da profondi solchi paralleli. Modellizzazioni idrodinamiche indicano che tali formazioni sono il risultato dell’azione erosiva di un flusso d’acqua massiccio e turbolento.

Prima dell’alluvione, l’area si presentava come una baia di mare basso con depositi di calcare, gesso e sali. L’arrivo della massa d’acqua dall’Atlantico, stimata tra 65 e 100 milioni di metri cubi al secondo, ha rimodellato il paesaggio, scavando profondi canyon e trasportando enormi volumi di detriti.

Prova del “Canyon di Noto”

Un gigantesco canyon scavato dalla forza dell’acqua testimonia l’evento, con detriti rocciosi oggi visibili sulle creste delle colline circostanti. Le tecniche utilizzate per ricostruire la Mega-Alluvione Zancleana possono essere applicate per studiare fenomeni simili, sempre più rilevanti nel contesto del cambiamento climatico.

    Implicazioni future

    L’area analizzata potrebbe diventare un sito di riferimento mondiale per lo studio delle mega-inondazioni, fornendo conoscenze utili per affrontare i rischi moderni legati a eventi simili, come il collasso dei laghi glaciali nelle regioni himalayane o andine. La comprensione di questi fenomeni potrebbe contribuire a mitigare gli impatti sulle popolazioni vulnerabili, stimate in circa 15 milioni di persone a rischio nel mondo. La ricerca sottolinea l’importanza di preservare e analizzare aree di straordinario valore scientifico come quelle dell’altopiano ibleo che, oggi, hanno portato ad evidenze scientifiche senza pari.

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