“E così che viene snervata la resistenza alla crisi delle nostre imprese artigiane. Alcuni nostri associati hanno ricevuto un invito a comparire dall’Agenzia delle Entrate per verificare i redditi relativi ad un periodo d’imposta. Proventi che secondo l’Ente sono troppo bassi rispetto ai beni e ai mezzi che l’impresa possiede”. E’ quanto rilevano il presidente della Cna territoriale Giuseppe Santocono e il responsabile organizzativo Giorgio Stracquadanio che mettono in rilievo una vicenda che assume contorni paradossali. “Nella comunicazione infatti – dicono ancora i due – l’Agenzia scrive che ‘nel periodo d’imposta oggetto del controllo, Lei è stata proprietaria di immobili, … di veicoli, … la cui gestione … uso … manutenzione … ha comportato il sostenimento di spese”. Apparentemente nulla da eccepire, la comunicazione e le considerazioni, formalmente, sono perfette. Ma la domanda che noi giriamo alle istituzioni è: si sa come l’impresa ha cercato di mantenere questi beni? Si sa, per esempio, che molte attività per pagare le tasse sugli immobili (capannoni e non le ville) e le assicurazioni dei veicoli da lavoro hanno intaccato la scopertura bancaria? Si sa che la banca a fronte dello sforamento ha chiesto all’impresa di rientrare immediatamente? Come sempre ci si ferma in superficie. Solo sulle piccole attività si è abbattuta con forza l’austerità e il rigore secondo il vecchio adagio latino: “dura lex sed lex”. Infatti, mentre il governo con il D.L. 91/2014, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 24 giugno 2014, viene incontro alle esigenze delle banche reintroducendo l’anatocismo (cioè far pagare a cittadini e imprese interessi su interessi), molti imprenditori artigiani, che hanno fatto grande questo territorio, vengono “accompagnati” a chiudere le loro attività perché presi a cazzotti da un declino fatto di spese generali in continuo aumento (interessi passivi, luce e tanti tipi di tasse, compresa quella più punitiva che si chiama Irap) e di controlli asfissianti”. La Cna territoriale prosegue: “Dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno si sono aperte a Vittoria 19 posizioni presso l’Albo artigiani ma se ne sono chiuse 39 (dati Camera di Commercio). Per la prima volta il saldo è fortemente negativo. Complessivamente in città operano attivamente poco più di 650 imprese artigiane (alla fine del 1996 erano quasi il doppio). Chi chiude non ha nessuna copertura sociale (cassa integrazione, disoccupazione), non esiste per nessuno, però continuerà la propria attività in nero, ciò che guadagnerà sarà reddito netto. Invece su chi rimane aperto si abbatte l’austerità, i controlli, la burocrazia, la mancanza di credito e la concorrenza sleale di chi – sulla carta – non esiste. Sta passando un concetto tanto semplice quanto disastroso: rispettare le regole è da deficienti. Su questo il silenzio delle istituzioni è troppo fragoroso”.
“Questo smottamento – concludono Santocono e Stracquadanio – va arginato, bisogna dare gambe alla speranza, che come si sa cammina su quelle dei giovani che vorrebbero rimanere in questa città, fare una loro impresa, ma vengono bloccati per le troppe complicazioni. Va rimossa l’idea che l’unico pezzo di carta che abbia un valore è il biglietto aereo solo andata. Il destino di Vittoria, con tutte le sue potenzialità, è ancora aperto. Politica e istituzioni devono rendersi conto che questo territorio non è un disastro, è di più: è un tesoro che non può più essere infangato”.