Naturalmente si parla di una rinascita culturale: per quella economica bisognerà aspettare ancora e ancora, che cessino i venti della crisi (se mai cesseranno) o un cambiamento epocale del sistema economico.
I segnali sembrano esserci tutti. La città pullula di locali, dove – è vero – si sta anche molto in branco ma dove si propone musica, e a volte perfino buona. Le iniziative editoriali privilegiano i temi locali ma il respiro si fa sempre più lungo. Librerie e caffè letterari propongono autori, seminari, corsi. Il teatro, quello che si fa coi pochi mezzi a disposizione, sembra ricevere una nuova spinta nei gruppi spontanei e nei laboratori, anche se manca una programmazione di livello medio-alto – come a Modica o a Vittoria o a Comiso – ma questo dipende dal fatto che Ragusa non ha ancora un teatro!
I cartelloni musicali della classica si sono ristretti a “Melodica”, poi però c’è Ibla Gran Prize, che meriterebbe più risonanza di quella che ha.
E infine c’è A tutto volume, divenuta una manifestazione di caratura nazionale, tanto da aver fruttato alla città l’investitura di città del libro, unica siciliana insieme a Palermo!
Bisognerebbe seriamente interrogarsi sulla strana sinergia fra una crisi economica dirompente come quella che ha investito anche la sana, ricca, solida Ragusa e questa effervescenza culturale: una sinergia che dovrebbe far ripensare il rapporto fra struttura e sovrastruttura, fra necessità materiali e godimento, fra strettoie della necessità e spazi della creatività.
In questi giorni si sta riproponendo la questione nodale del teatro La Concordia, da tempo in attesa di un là definitivo per la sua realizzazione. Sembra sempre più evidente come intorno a questa opera si sviluppi il discorso sulle radici, anche lontane, e sul futuro della nostra comunità, dato il posto di centralità che un teatro ha nella vita civile, oltre che culturale, di una città.
Appare in tutta la sua disarmante criticità il progressivo defilarsi del settore pubblico dalla promozione culturale della città, un fatto che attraversa le ultime amministrazioni cittadine e che è riconducibile allo svuotamento progressivo del welfare messo in atto strategicamente dall’imperante logica neoliberista. Come non sperare che le poche residue risorse disponibili nelle casse del comune siano gestite dentro una logica che privilegi la cultura vera e non sperperi quello che c’è in costosi eventi popolari che non spostano di una virgola il grado di civiltà della cittadinanza.