LA ROSA DI NATALE

Questa pianta, tipicamente invernale, appartiene alla famiglia delle ranuncolacee.

L’Helleborus niger,  nota anche come rosa di Natale, è originaria  del Caucaso e dell’Asia Minore.

La specie niger è la più coltivata in Italia e raggiunge  anche i 40 cm di altezza. Prende  il nome dal colore del rizoma. Ha portamento elegante con larghe foglie  coriacee, verde scuro, che danno risalto ai  fiori  bianchi, grandi,  leggermente ripiegati, a cinque petali, che  in un secondo tempo tendono a imporporarsi. La fioritura va da dicembre a marzo. Anche in mezzo alla neve.

Erbacea perenne, la rosa di Natale si presta anche a essere coltivata, sia in giardino che in fioriere e grossi vasi. La concimazione con  stallatico  maturo rende la pianta molto rigogliosa.

Si consiglia, se ve la  regalano di metterla all’aperto, perché i fiori dureranno a lungo,  proprio grazie al freddo.

Ha  bisogno di essere  sistemata in luogo riparato e  all’ombra. Si propaga facilmente per seme o per divisione dei rizomi. Il terreno  deve essere calcareo e il drenaggio ottimo (dato che questa pianta soffre molto dei ristagni). Va annaffiata con parsimonia.

Se si possiede un giardino sarebbe bene metterla  ai piedi di una pianta, perché ricreerebbe  lo stato naturale d’origine, e starebbe in ombra; se non è possibile, bisogna  avere  l’accorgimento che resti in ombra comunque.

I fiori si mantengono freschi per   parecchio tempo  anche recisi e, naturalmente,  sono belli per  realizzare dei centrotavola natalizi.

E’ una pianta  conosciuta  fin dai tempi antichi e, data la sua caratteristica di fiorire  a dicembre, nei secoli XIX e prima metà del XX è stata uno degli ornamenti principali dei giardini d’inverno, anche in Italia.

L’origine del nome  Helleborus,  si riferisce alla sostanza altamente tossica che questa pianta possiede soprattutto nel suo rizoma (radice).

Esistono diverse leggende di questa pianta, una è quella della pastorella povera che,  saputo della nascita del Redentore, piangeva in disparte perché non aveva nulla da portare in dono, nemmeno un fiore. Un angelo, impietosito dal suo dolore, mostrò alla  bambina dei fiori improvvisamente sbocciati tra la neve e lei ne fece omaggio alla Madonna. Da quel momento quei fiori  vennero chiamati rose di Natale.

Poi c’è un bel racconto della svedese Selma Lagerlof (1858-1940) una famosa scrittrice e narratrice di saghe, premio Nobel per la Letteratura nel 1909 (L’imperatore di Portugallia, Il viaggio meraviglioso di Nils Holgelsson, La saga di Gösta Berling, ecc.) che cercherò di riassumere.

Nella foresta di Goinga viveva  un brigante e la sua famiglia; era stato esiliato lì dal vescovo Assalonne. La moglie e i figli  giravano per la valle a mendicare e tutti davano loro qualcosa per paura di rappresaglie da parte del bandito.

Un giorno d’estate, la donna si infilò coi figli dentro il giardino dell’abate Hans, nel monastero di Oved e si mise ad osservare i  fiori  che erano  molto  belli e  rigogliosi. In quel giardino c’era un giovane converso che cercò di scacciarla, ma senza riuscirci. Arrivò l’abate,  che invece fu molto cortese con la donna, e le chiese se le piacevano i suoi fiori. Lei disse che sì, erano belli, ma mai come il giardino di Natale nella foresta.

Incuriosito, il monaco chiese alla donna di poter visitare  questo posto straordinario  e, in cambio, avrebbe chiesto al vescovo una lettera di condono di tutte le pene per il marito e, in tal modo la famiglia avrebbe potuto vivere  con la comunità della valle.

Lei acconsentì, ma avrebbe accettato solo lui e il converso. Li avrebbe mandati a prendere dal figlio per guidarli.

L’abate ne  parlò col vescovo. Il prelato, però, pretese di vedere uno dei fiori meravigliosi del giardino della foresta a Natale e, in tal caso avrebbe  redatto la lettera.

Alla mezzanotte di Natale, il due  monaci assistettero a un meraviglioso spettacolo. La natura sbocciava rapidamente dopo lampi di luce e angeli si avvicinavano per cantare  inni natalizi. L’abate Hans era estasiato e felice di questo evento miracoloso, ma il converso pensò che fosse opera del demonio e scacciò una colomba che si era posata sulla sua spalla accusandola di essere una creatura infernale.

 Tutto scomparve rapidamente e tornò il gelo. L’abate dal dispiacere si accasciò a terra e morì.

Tornati al convento, il converso  scopri nelle mani dell’Abate  dei rizomi e li piantò nel giardino in ricordo del sant’uomo. Per tutta la primavera e l’estate non successe niente. Solo il 25 dicembre tornò nel giardino, per ricordare l’anniversario della morte del monaco… e trovò le rose di Natale. Ne raccolse alcune e le portò al vescovo, ricordando che erano i fiori mandati, come promesso dall’abate Hans.

Il vescovo allora mantenne la promessa e scrisse la famosa lettera  liberatoria per il brigante che ìl converso la portò nella foresta. Così  la famiglia del brigante andò a vivere  nella valle e nella caverna rimase il giovane frate.

Da allora non  successe mai più il miracolo, ma  fiorirono nella neve solo le rose di Natale.