LA SOLUZIONE DELLA CRISI… STA DENTRO IL SISTEMA?

Il Decreto Sviluppo, questa panacea di tutti i mali richiesta dall’Europa stenta a concretizzarsi nonostante tutti i proclami e le scadenze e in questi momenti soprattutto in presenza di una maggioranza tutt’altro che coesa si affastellano varie ipotesi: concordati, condoni, tagli alla previdenza e chi più ne ha più ne metta.

Illustri economisti (Giavazzi e Alesina) si sono anche offerti di proporre soluzioni utili per “dare una scossa all’Italia”: di fatto con un elenco di ulteriori “sacrifici” da comminare ai cittadini (maggiore facilità di licenziamento, eliminazione delle pensioni di anzianità, “gabbie salariali” etc.).

C’è da scommettere che sull’onda dell’emergenza ci saranno ampi margini per penalizzare ulteriormente i “soliti noti” senza dare nessuna spiegazione sul perché siamo arrivati all’emergenza quando fino a qualche mese fa si proclamava la nostra solidità, la nostra capacità di venir fuori dalla crisi che ci aveva appena sfiorato, senza spiegare come mai dal 1994 anno della prima riforma pensionistica ci viene detto che “il sistema adesso è in equilibrio” e invece ogni anno viene riproposta una ulteriore modifica del sistema previdenziale.

Adesso poi con la solita “sapienza comunicativa” si sta cercando di buttare la croce addosso a Prodi per la modifica dello “scalone” previsto dalla riforma Maroni e questa Italia senza memoria ne della storia remota, ma neanche di quella recente non ricorda che in quel caso si pose rimedio ad una palese ingiustizia creando una gradualità per impedire la disparità tra chi maturava i requisiti pensionistici il 31.12.2007 e chi li avrebbe raggiunti il 1.1.2008 e sarebbe andato in pensione tre anni dopo; e poi nessuno alza la voce per dire che gli effetti della riforma effettuata dal governo Prodi sullo “scalone Maroni” si è di fatto esaurita in quanto sostanzialmente l’allineamento è già avvenuto!

Il dibattito, come si vede è vivace e appassionato, ma tutto interno al sistema!

Tutti, politici, economisti, autorità monetarie si confrontano all’interno del recinto delle soluzioni tecniche senza far caso all’insignificante dettaglio che da mesi continuiamo ad inseguire soluzioni tecniche che costano sacrifici alle persone e dopo pochi giorni si rivelano inefficaci!

A prescindere dalle soluzioni “tampone” che servono a tacitare l’Europa forse vale la pena di elevare gli orizzonti al di la delle soluzioni tecniche…. “La chiusura ad un « oltre », inteso come un di più rispetto alla tecnica, non solo rende impossibile trovare soluzioni adeguate per i problemi, ma impoverisce sempre più, sul piano materiale e morale, le principali vittime della crisi.”

Questa citazione che mi sembra molto pertinente è tratta da un documento emanato in questi giorni dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace diretto dal Cardinale Turkson che si intitola “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”, un documento che parte da una critica al liberismo economico ed all’ideologia della tecnocrazia richiamando il magistero uniforme degli ultimi Papi, per evidenziare come “non si può ignorare che non sempre l’utile individuale, sebbene legittimo, favorisce il bene comune”…” La crisi, di fatto, ha rivelato comportamenti di egoismo, di cupidigia collettiva e di accaparramento di beni su grande scala”…. “Se non si pone un rimedio alle varie forme di ingiustizia gli effetti negativi che ne deriveranno sul piano sociale, politico ed economico saranno destinati a generare un clima di crescente ostilità e perfino di violenza, sino a minare le stesse basi delle istituzioni democratiche, anche di quelle ritenute più solide.”

Peraltro “per interpretare con lucidità l’attuale nuova questione sociale, occorre senz’altro, però, evitare l’errore, figlio anch’esso dell’ideologia neoliberista, di ritenere che i problemi da affrontare siano di ordine esclusivamente tecnico. Come tali, essi sfuggirebbero alla necessità di un discernimento e di una valutazione di tipo etico”

Ma l’analisi fatta dal Consiglio Giustizia e Pace non si limita a una generica critica di ordine etico, è ben più articolata, e partendo dal presupposto che la crisi è stata originata dal mercato finanziario e dalle sue distorsioni dovute al “graduale venire meno dell’efficienza delle istituzioni di Bretton Woods, a partire dai primi anni Settanta” , e dovute anche alla “necessità di un corpus minimo condiviso di regole necessarie alla gestione del mercato finanziario globale, cresciuto molto più rapidamente dell’economia reale, essendosi velocemente sviluppato per effetto, da un lato, dell’abrogazione generalizzata dei controlli sui movimenti di capitali e dalla tendenza alla deregolamentazione delle attività bancarie e finanziarie; e dall’altro, dei progressi della tecnica finanziaria favoriti dagli strumenti informatici”.

La lucidità dell’analisi nel delineare il problema e nell’analizzarne le varie cause sia ideologiche che tecnico-economiche porta a conclusioni non proprio sorprendenti, ma che riecheggiano neanche tanto vagamente le motivazioni degli “indignati”: “occorre, recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con essi, il primato della politica – responsabile del bene comune – sull’economia e la finanza. Occorre ricondurre queste ultime entro i confini della loro reale vocazione e della loro funzione, compresa quella sociale, in considerazione delle loro evidenti responsabilità nei confronti della società, per dare vita a mercati ed istituzioni finanziarie che siano effettivamente a servizio della persona, che siano capaci, cioè, di rispondere alle esigenze del bene comune e della fratellanza universale, trascendendo ogni forma di piatto economicismo e di mercantilismo performativo.”

Ma il documento non si limita a questo, va ben oltre, richiedendo con forza ai paesi del G20 di essere coerenti con le conclusioni della Dichiarazione finale di Pittsburgh del 2009 che parlavano di una “riforma dell’architettura globale per fare fronte alle esigenze del 21° secolo” e di “un quadro che consenta di definire le politiche e le misure comuni per generare uno sviluppo globale solido, sostenibile e bilanciato”.

In questa ottica il Consiglio Giustizia e Pace non manca di stimolare le autorità regionali come l’Europa a operare “non solo una riflessione sul piano economico e finanziario, ma anche e prima di tutto, sul piano politico, in vista della costituzione di istituzioni pubbliche corrispettive che garantiscano l’unità e la coerenza delle decisioni comuni”.

E’ difficile dissentire dall’impostazione di questo documento che da la sensazione di andare al cuore del problema invece che discettare sulle soluzioni tecniche che perdono di vista che il fine ultimo della politica e dell’economia è il benessere delle persone e non viceversa.

Non stupisce peraltro la disinvoltura con cui il documento è passato sostanzialmente sotto silenzio, quasi snobbato dai mezzi di informazione, mal si concilia infatti con la struttura attuale fortemente condizionata dalle lobbies e dai poteri forti che, in atto, in barba a qualsiasi principio democratico influenzano in modo pesante la vita delle comunità.