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L’antica tradizione dei “Sepolcri” nella sera del Giovedì Santo. Sono gli “Altari della Reposizione” e non il sepolcro di Cristo

Al lavoro, nelle chiese, per addobbare con fiori e germogli di grano l’altare destinato all’adorazione eucaristica. Tanti i fedeli che, nella serata del Giovedì Santo, partecipano alla Cena del Signore e rispettano il rito della visita. Visite che secondo l’usanza, non certificata dalla dottrina cattolica, dovranno essere in numero dispari a partire da dopo la conclusione della Messa in Coena Domini fino alla mezzanotte e poi ancora fino alla mattinata del Venerdì Santo. Visite con meditazione e preghiera nel silenzio e nell’oscurità per un momento dalla forte emozione. Tante le persone che la sera del Giovedì Santo si muovono per le città nella visita agli altari. Lo fanno mentre nelle chiese incombe l’oscurità in segno di dolore: è l’inizio della Passione di Gesù, le campane rispettano il silenzio, i Crocifissi sono coperti ed il triduo pasquale prende il via concludendosi la domenica di Pasqua.

La denominazione dei “Sepolcri”

Essa nasce dall’errata definizione popolare degli Altari della Reposizione, che venivano attribuiti a memoria del Sepolcro di Cristo anziché, come invece in realtà è, a luogo di conservazione del Pane Eucaristico, segno sacramentale di Gesù Vivo e Risorto a partire dalla Messa in Coena Domini alla solenne funzione liturgica del Venerdì Santo in cui si commemora la morte di Gesù Cristo. L’Altare della Reposizione è il luogo, secondo la liturgia cattolica, in cui il celebrante, al termine della Messa vespertina del Giovedì Santo (la Messa in Coena Domini) ripone il SS. Sacramento nel tabernacolo dopo averlo esposto alla venerazione dei fedeli. E’ qui, nel tabernacolo dell’Altare della Reposizione, che viene conservata l’Eucarestia fino alla funzione liturgica del Venerdì Santo.

La tradizione

La tradizione popolare originariamente era quella di visitare e pregare davanti ad almeno sette altari (tanti quanto sono i dolori della Madonna) ma c’era anche quella di visitarne cinque (tante quante sono le piaghe di Cristo). Negli ultimi tempi il numero si è ridotto anche a tre, a simboleggiare la Divina Trinità. Naturalmente ciò è tradizione, un’indicazione non religiosa ma solo popolare. La tradizione risale al Medioevo e la ritualità dell’altare dell’adorazione venne pensata, erroneamente, come la commemorazione di una veglia funebre finendo per trasformare, nella memoria della gente, l’Altare della Reposizione in sepolcro. Il rito prevedeva che si recitassero, durante la visita in ogni chiesa, un’Ave Maria, un Padre Nostro ed un Gloria. Quel sette, numero massimo degli altari da visitare, era considerato nel Cristianesimo un numero sacro: sette, infatti, sono le virtù, sette i vizi capitali, sette i gradi della perfezione.    Molto si è perso nella memoria ma le visite ai sepolcri resistono, anzi sopravvivono. 

Foto: repertorio