Il libro di Cristina Cassar Scalia è una continua sorpresa per la ricostruzione accurata dell’ambiente e dell’anno cui fa riferimento(il sessantotto) da parte di una persona che è nata nove anni dopo.
Chi, come me, è coetanea della protagonista, Vicki, leggendolo rivive quegli anni e le contraddizioni da cui furono segnati, specialmente nella nostra Sicilia che stentava ad uscire da condizionamenti che risalivano alla dominazione araba e da un maschilismo che stranamente conviveva, negli stessi soggetti, con l’adesione alle rivendicazioni della contestazione globale e addirittura con l’estremismo di sinistra. Non per nulla, all’epoca, le ragazze con le idee più chiare si stufarono di fare gli angeli del ciclostile e di preparare il caffè ai barbuti rivoluzionari in eskimo e avviarono la rivoluzione femminista.
Vicki, studentessa di architettura, trasferitasi dalla Roma in cui erano già avvenuti i fatti di Valle Giulia, a Palermo, è una ragazza che ama guidare le macchine da corsa, è appassionata di fotografia, difende in tutti i modi la propria libertà.
Il padre la comprende e l’asseconda, infatti le ha regalato la MG, un’auto sportiva rossa e decappottabile, ma l’amore per la sua Sicilia e una grave malattia da cui a stento è venuto fuori, lo ha spinto a trasferirsi con la famiglia nel piccolo paese vicino Palermo in cui sorge il palazzo avito. E’ un sacrificio per Vicky e per la madre, piemontese, ma non possono fare a meno di esaudire questo suo ardente desiderio.
Vicki si divide tra il paese, in cui tutti si fanno i fatti degli altri e dove non passa inosservata per la sua bellezza e le sue “stranezze”, e la facoltà occupata di architettura dove diventa amica di una docente che apprezza le sue foto, ne incoraggia la pubblicazione e la coinvolge nello studio delle stanze dello scirocco.
Incontra, dopo tanti anni, Diego, rampollo di una nobile e ricca famiglia, amica della sua, e se ne innamora, ricambiata.
Ma la storia d’amore con Diego è travagliata. Lui ha 14 anni più di lei, la chiama piccola Vicki, ne considera con indulgenza le “stranezze” ma ha idee diametralmente opposte su quale debba essere il ruolo di una donna di un ceto elevato quale quello cui appartengono le rispettive famiglie. Soprattutto ha vissuto una tragica storia d’amore che per anni lo ha tenuto lontano da qualsiasi situazione che potesse coinvolgerlo emotivamente.
Vicki, pur essendo innamorata, non si arrende alla mentalità di Diego, soprattutto per quanto riguarda il proprio diritto a prendere decisioni che non riguardano il loro rapporto e si impegna in prima persona per fare uscire dal manicomio, dopo 23 anni, l’ex fidanzato della zia, Peppino Scianna, psichicamente distrutto dalla prigionia a Dachau.
Questo determina una violenta reazione da parte della famiglia Scianna che considera un disonore una parente “pazzo” e ha fatto di tutto per farne dimenticare l’esistenza.
Violentissima la reazione di Diego che non riesce assolutamente a liberarsi dei pregiudizi del suo ambiente e della sua classe sociale.
Dolorosissima la separazione dei due innamorati che soffrono terribilmente ma si trincerano dietro il loro orgoglio ferito e non vogliono cedere.
Ma il libro approda al lieto fine nello scenario incantato della più bella stanza dello scirocco.
La lettura di quest’opera fa rivivere le speranze di quegli anni . Nulla sfugge all’autrice : il Concilio, la contestazione giovanile, l’approccio nuovo di Basaglia alla psichiatria, il femminismo nascent e,Oriana Fallaci, le canzoni, i libri, i film di quegli anni che tanto hanno contribuito all’evoluzione della Società.
Solo due appunti mi permetto di muovere all’Autrice: le storie del ‘68 purtroppo di solito non approdavano a un lieto fine e la stessa cultura del ’68 è poi degenerata verso la tragedia del terrorismo e del dilagare del consumo di droga. Inoltre, come mai in una storia ambientata a Palermo, che parla del suo degrado, dello scempio edilizio, come la distruzione delle ville liberty, non si fa mai cenno alla mafia e alla sua connivenza con la politica e l’amministrazione della città?