Nelle scorse ore il Nuovo Centrodestra di Ispica ha diramato alcune dichiarazioni dell’assessore ai Lavori pubblici di Ispica, dott. Paolo Mozzicato, aventi ad oggetto il faraonico progetto di ripascimento che Palazzo Bruno vorrebbe implementare a S. Maria del Focallo (dichiarazioni già pubblicate, in estratto, su “Il Gazzettino del Sudest” del 16/30 giugno 2014).
In tale documento, dopo una “lezioncina” infarcita di tecnicismi, l’Assessore si spinge a tacciare di incompetenza l’intera galassia di Legambiente iblea, ‘colpevole’ di essere contraria all’opera in questione, per come essa è stata proposta sino a questo momento; ma soprattutto, Mozzicato se la prende con il Circolo ispicese, cercando anche di screditarlo con sospetti di partigianeria politica.
Rinviando, per una replica adeguata, alla nota che sarà diramata a breve dal Comitato intercircoli di Ragusa, Legambiente Ispica ritiene senz’altro opportuno pubblicare, per il momento, una relazione realizzata nelle scorse settimane, ad uso interno, dal socio dott. Fabio Gambuzza.
Lo scopo, dichiarato, è dimostrare a tutti i cittadini che, a dispetto di ogni ignominiosa insinuazione (quella sì, politicamente partigiana), il nostro Circolo, come tutti gli altri del resto, si sta accostando alla questione con il massimo rigore scientifico.
«La costa si trova in un ambiente di frontiera e che per questo motivo è sottoposta all’azione dei venti e delle mareggiate che, con la loro azione, rendono questo ecosistema, nel lungo periodo, particolarmente dinamico. La vegetazione spontanea, che vi cresce lungo la fascia costiera capace di adattarsi nel substrato sabbioso e di resistere alle condizioni salmastre di quest’ambiente, ha nel tempo attenuato tale dinamismo, facendo raggiungere all’ecosistema dunale un sottile e delicato equilibrio.
L’eccessiva antropizzazione, che negli ultimi decenni si è imposta massicciamente lungo la fascia costiera del litorale ispicese, che si estende da Santa Maria del Focallo fino a cozzo Ciriga, ha certamente turbato la fragile stabilita dell’ecosistema dunale. Le infrastrutture, immobili nel tempo, che mal convivono con il precario equilibrio della costa, negli ultimi decenni, hanno reso evidente l’arretramento della battigia dovuto a fenomeni naturali ed accentuata dalla errata costruzione del porto di Pozzallo. Questa imponente struttura d’attracco, nel tempo, ha modificato le correnti marine impedendo una redistribuzione equilibrata dei sedimenti sabbiosi che continuamente si spostano ad opera della mareggiate. Difatti si può notare l’eccesso di sabbie che si sono accumulate dinnanzi al porto piccolo della suddetta struttura, causando un deficit nel vertice opposto dell’arco costiero. Questo scompenso di sedimenti ha difatti facilitando l’avanzamanto del mare che ha intaccato negli ultimi anni la strada litoranea e causato scempio e disagii a cui tutt’ora le amministrazioni pubbliche non hanno trovato soluzione.
Il sottile equilibrio, su cui si reggeva il sistema dunale, è stasto frantumato, in maniera quasi definitiva ed irreversibile, in buona parte dell’arco costiero ispicese. L’ecosistema dunale del viale Kennedy è ormai definitivamente compromesso e camminando lungo la costa di Santa Maria del Focallo è facile comprendere che anche le condizioni delle dune restanti non sono delle migliori. Trovare, nella nostra fascia costiera, delle aree in cui il sistema dunale sia ancora integro nei suoi connotati è difficile.
Dopo questa breve premessa è importante fare una descrizione di come un tempo si presentava la nostra costa, famosa per le dorate spiagge silicee che rappresentavano una forte attrattiva turistica. Sezionando verticalmente il litorale, in passato trovavamo in sequenza costante le seguenti aree:
-il mare;
-la battigia;
-la spiaggia;
-la preduna;
-la duna piccola;
-la duna bianca;
-la duna grigio-bruna.
Attualmente nella nostra costa oltre la spiaggia, troviamo la duna bianca molto degradata e la duna grigio-bruna. L’intermezzo è scomparso a causa della sottrazione del sedimento sabbioso ed a causa dell’azione del trattore che quotidianamente da maggio a settembre con la fresatrice rivolta il litorale (azione che a mio avviso potrebbe essere evitata con la sola accortezza dei bagnanti) distruggendo la preduna nel tentativo di recuperare spiaggia e contribuendo al processo erosivo. La preduna, per quanto insignificante all’occhio profano, riveste un ruolo di particolare importanza, difatti in quest’ area si vanno a depositare dopo le mareggiate le spoglie di molte piante acquatiche, tra le quali ricordiamo la Poseidonia Oceanica (pianta endemica del mediterraneo) e la Cymodocea Nodosa (pianta acquatica che cresce molto piu vicino alla costa) e di molte alghe tra le quali menzioniamola Cystoseira Mediterranea, la Peyssonella Squamaria e la Padina Pavonia. Le spoglie di queste essenze rappresentano un importante apporto di sostanza organica che arricchisce la sabbia di sostanze nutritive e di colloidi umici che hanno azione collante nei confronti del substrato, facilitando l’insediamento della vegetazione pioniera costituita essenzialmente da graminacee quali l’Agropyron Juncetum.
La duna piccola e la duna bianca, che si trovano in successione, sono popolate da un gruppo di piante dette psammofile esclusive degli ambienti sabbiosi. Essenzialmente i vegetali di questo gruppo di piante presentano le medesime caratteristiche ovvero:
-colorazione chiara del fogliame che facilita il riflesso della radiazione solare;
-gemme su diversi livelli che facilita la risposta della pianta all’insabbiamento;
-resistenza della pianta all’aria salmastra;
-cuticola ispessita per evitare l’eccessiva traspirazione delle piante;
-portamento prostrato per vincere il forte vento;
-lunghissimo apparato radicale che consente alla pianta l’approvvigionamento idrico.
Delle essenze appartenenti a questo gruppo di vegetali, numerosissime ne menzionino qualcuna quale la Calike Marittima, la Salsola Kali, la Erignum Mariptimim, la Ammophilla Arenaria, l’Euphorbia Paralis ecc.. Questa frazione vegetale, oltre ad aver svolto un ruolo importante nella cultura popolare, col suo estesissimo apparato radicale contribuisce a trattenere i granelli di sabbia riducendone la dispersione nell’entroterra e rendendo dunque stabile la duna, inoltre le loro spoglie arricchiscono il terreno di sostanza organica che come detto prima struttura il suolo sabbioso conferendogli maggiore stabilita favorendo l’aggregazione tra le particelle, facilitando anche l’insediamento di vegetali maggiori e creando una fascia di transizione detta grigia in cui insieme alle psammofile troviamo essenze tipiche della macchia mediterranea che rappresenta la copertura vegetale della duna grigio-bruna.
La macchia mediterranea è un’associazione vegetale costituita da piante dette a sclerofilla (per il tessuto sclerenchimatico che le differenzia) tipica degli ambienti mediterranei, la cui importanza è testimoniata da molti testi storici. Lungo la fascia costiera, la macchia mediterranea, si sviluppava selvaggiamente ed i maggiori costituenti erano il Ginepro l’Efedra ed il Lentisco. Distrutta in passato dall’eccessiva pressione antropica, la macchia mediterranee del litorale ispicese, è stata rimpiazzata dall’Acacia e dall’Eucalipto che dopo gli anni 50 furono impiantati lungo la litoranea per frenare lo spostamento della dune. Questo boschetto artificiale ha svolto un importante ruolo seppur sconvolgendo il tipico paesaggio costiero mediterraneo e nonostante l’importanza che ha assunto, molti esemplari vengono abbattuti da privati cittadini ad insaputa della forestale e dell’istituzione comunale causando una desertificazione visibile già nelle dune all’ingresso di Santa Maria del Focallo. Questi boschi artificiali che visibili anche nella zona del Maccone Bianco, nel tempo stanno mostrando una lenta rinaturalizzazione testimoniata dalla convivenza con molte essenze della macchia mediterranea.
Liberi da ogni forma di catastrofismo, possiamo affermare che senza un adeguato intervento di salvaguardia, l’ecosistema dunale nel litorale ispicese rischia l’estinzione rimanendo solo un ricordo per chi in passato ha potuto ammirarlo».
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Ignazio Spadaro
Resp. Stampa e comunicazione