Nel girovagare per l’Italia, veniamo a sapere che in molte città ci sono teatri che, a volte per ragioni di agibilità, a volte per indifferenza politica, pur avendo avuto una storia di attività, ora sono chiusi, destinati in certi casi a deposito di materiali, in altri casi lasciati al dominio dei topi, e spesso negati ai cittadini che li reclamano. Ai Sindaci italiani ci permettiamo di inviare questa nota, sperando che giunga loro e che venga letta.
Basta guardare al passato per comprendere il significato, l’importanza di un teatro in seno alla città, alla Polis. Infatti, oggi ci gloriamo della presenza di questo edificio, sia esso in plein air o al chiuso; esso, tuttavia, aveva anche altre funzioni, compiti, che non possiamo non ricordare. Intorno a quel teatro si riuniva una collettività non solo per vivere un momento artistico, sia di prosa, musicale, claunesco o altro, ma anche quale luogo di discussione, di confronto, di crescita. Aveva una funzione dialettica, e quindi politica. Rappresentava, ogni volta che il pubblico si ritrovava nel “suo” teatro, l’anima collettiva della città e il livello culturale in seno a quella collettività e la capacità creativa di organizzare eventi. Era il centro propulsore d’input culturali che poi si diramavano nella vita privata di ogni cittadino, migliorandolo, rendendolo responsabile di ogni atto privato e pubblico.
La presenza del teatro nella città, era come la spina dorsale di ogni architettura che volesse restare in piedi, era l’asse portante di un sistema democratico della società. Tutto ciò non si può ignorare, coloro che lo negano non amano il contesto sociale in cui agiscono. Sono persone che non hanno la sensibilità culturale necessaria per convivere, crescere, migliorare insieme. Ignorare tutto ciò significa coltivare, anche se non premeditato, un comportamento reazionario che impedisce il movimento delle idee, il flusso comunicativo, una libertà di agire.
Ecco perché, quando un teatro, nato per volontà collettiva, lo incontriamo chiuso, inagibile, abbandonato al degrado, un sentimento di sofferenza ci assale. Lo immaginiamo nei momenti vivi del suo essere luogo attivo. Vederlo abbandonato ci provoca rabbia, protesta, poiché significa che la classe politica che ha ereditato quello strumento, il teatro, non ha assolto al suo mandato, ha tradito il concetto filosofico del fare politica: lavorar per il benessere degli altri, di coloro che l’hanno delegata.
E’ giusto quindi che un movimento di opinione, risvegliato da chi sente il bisogno di avere il teatro della città, scuota le coscienze dei politici, mettendoli di fronte alle loro responsabilità. Riaprire un teatro, rimasto chiuso per irresponsabilità, è un atto politico di grande valore, poiché restituisce alla città quell’anima cui abbiamo accennato prima, restituisce cultura, occupazione, creatività, passaggio di altre esperienze utili al confronto, al conoscere, al sapere cui ogni cittadino ha diritto.
Riaprire un teatro deve essere una festa, una vittoria contro la mentalità del profitto che nelle grandi città tende a trasformare antichi teatri, patrimonio della collettività, in centri commerciali, garage e altre diavolerie da condannare.
Riaprire un teatro significa dare occupazione a un gruppo di persone che ci lavorano, che lo rendono attivo, muove economia, invita alla creatività, fa conoscere al visitatore in transito nella città le pulsioni culturali dei suoi cittadini.
Riaprire un teatro è un atto politico che sopravvive nel tempo. Fa storia.