Il lavoro in carcere è un’ attività fondamentale che permette di dimostrare responsabilità ed è anche un’occasione per esprimere la volontà e la capacità di inserimento nella struttura sociale esterna, oltre ad essere soprattutto una buona opportunità per non pesare sulle spalle della propria famiglia, almeno sotto il profilo economico. Permette inoltre di ritagliarsi uno spazio di autodeterminazione nell’ambiente carcerario indipendentemente dall’attività che si svolge. Molte di queste attività non possono essere trasferite all’esterno poiché sono espressione dell’istituzione carceraria, anche se al fine del reinserimento sono accessibili corsi di formazione che costituiscono motivo di impegno. A questo proposito, sarebbe opportuno che la direzione carceraria prendesse in considerazione l’ampliamento di tali corsi, estendendo le aree di intervento in attività innovative più rispondenti alle necessità del mondo del lavoro esterno in modo da favorire reali opportunità di impiego al termine dell’espiazione della pena. I vantaggi sarebbero reciproci sia per il detenuto che trascorrerebbe il suo periodo di detenzione con spirito ed intenti diversi, sia per la società civile che vivrebbe con migliore sicurezza, ritrovando una persona precedentemente dannosa, socialmente utile. Non importa quale sia il tipo di lavoro, importante è che questa attività permetta un reale reinserimento e dia la possibilità di essere attivi durante la detenzione. L’attività salva il ristretto dal pensiero di essere legato indefinitamente all’ambiente di detenzione e dallo scegliere quindi l’immobilismo.