Nessuna sorpresa apprendendo degli arresti per tangenti nel contesto dell’Expo di Milano. E in questo sta la maggiore amarezza: in Italia non ci si può neanche più meravigliare davanti alle notizie di corruzione, perchè sappiamo quanto sia endemica e quanto si intrecci con maggiore capacità di organizzazione dove le cifre da spartire sono alte.
Non ci sorprende neanche che un ex-ministro della Repubblica, come Scajola, sia stato arrestato con accuse gravi, che ancora una volta squarciano il velo della contiguità fra politica e criminalità mafiosa. È accaduto mentre si attende il pronunciamento della Cassazione su Dell’Utri, già in Libano, dove avrebbe voluto recarsi anche Matacena.
Ma questa è anche la settimana contrassegnata dall’immagine di un ultrà che esibendo una maglietta che inneggia all’assassino di un uomo in divisa, domina sullo stadio riportando il “trionfo” di ottenere che a lui si chieda udienza prima di annunciare se la partita si svolgerà oppure no. Questo alla presenza di alte cariche dello Stato. Le cui istituzioni hanno subito un grave colpo anche per l’impudenza di quei poliziotti che hanno applaudito altri assassini, con l’aggravante che erano costoro a indossare la divisa, quando hanno ucciso.
Fra tanti motivi di amarezza, si fa strada lo scoraggiamento, specialmente se a distanza di tanti anni da Mani Pulite non solo c’è ancora più forte di prima il sistema delle tangenti, ma ne sono protagonisti alcuni dei personaggi di allora. La conclusione che potremmo trarne è che l’Italia è irredimibile. Poichè questa è una conclusione inaccettabile, dovremo trovare delle via d’uscita che non siano vicoli ciechi. Il rischio è che da tanta rassegnazione nasca il rifiuto perfino di esercitare i diritti democratici, come il diritto di voto. Ma il rimedio sarebbe peggiore del male.
“Se riesci a conservare il controllo quando tutti intorno a te lo perdono” “sarai un uomo”, scriveva Kipling nella “Lettera al figlio”. Conservare una misura razionale nell’affrontare la situazione difficile del nostro Paese, appoggiando quelle riforme che in modo pragmatico possiamo riconoscere come utili, e comunque migliorative, senza chiuderci nella critica sterile e fine a se stessa, può essere una base per ricostruire. Testimoniare con i propri comportamenti che almeno noi cittadini dal basso scegliamo l’onestà e la legalità, nel nostro lavoro e nei rapporti con le istituzioni, è poi il terreno fertile in cui potrebbe mettere radici una politica nuova, che non abbia bisogno della magistratura per rigenerarsi, ma che sappia da se stessa tagliare il marcio, allontanare i corrotti, moralizzarsi.
Riusciremo ad “avere fiducia” “quando tutti ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio”, ad “aspettare e non stancarci di aspettare”, per citare ancora Kipling?