L’onda lunga della seconda rivoluzione sessuale del 2001 tocca ormai gli adolescenti di oggi, variamente denominati e definiti come generazione “X”, senza padri e senza famiglia … e sta arrivando anche ai bambini producendo in Francia, nella Svezia e negli USA (California etc.) e nell’intero Occidente una politica scolastica istituzionale di manuali di istruzione sessuale non solo di carattere scientifico a livello anatomico e fisiologico degli organi genitali ma anche di tipo psico-sociologico sulle identità di genere sessuale e sui modi di appartenenza.
All’insegna più o meno sistematica di una pedagogia di orientamento sessuale dall’infanzia all’adolescenza si veicola implicitamente con il mito della neutralità della scienza e della tecnica una propensione ideologica per l’individualismo e il liberismo sessuale per cui il modo di far l’amore diventa criterio di identità di genere e di appartenenza definitiva. Maria Novella De Luca scrive che nella Scuola di questi Paesi “si parla di omosessualità, di transessualità, di amore etero, di gay, omo e lesbo … la diversità sessuale approda nei libri di testo attraverso immagini o trattati nei manuali di Scienze” dividendo alunni, docenti e famiglie e snaturando la funzione educativa e maieutica della Scuola (cfr. Se l’amore omosessuale finisce nei libri di scuola, in Repubblica, 27 Agosto 2011, p. 1 e p. 27).
Lo Stato non è “educatore” in teoria ma così è protagonista di fatto di un processo accelerato di appartenenza sessuale di genere e una irresponsabile politica della “rinuncia educativa” al bene comune universale dei bambini, degli adolescenti e giovani e oscurando il ruolo primario della famiglia e dei genitori e la funzione vitale degli educatori nella società civile, abbandona la scuola a s stessa nello sperimentalismo senza guida o nell’ignoranza del moralismo astratto e censorio, che alimenta stereotipi e pregiudizi come l’omofobia o il mito dell’amore libero e assoluto senza regole, norme e vincoli. Il diritto a perseguire la felicità viene spesso derubricato in modo riduttivo ad un diritto sfrenato al piacere immediato senza il dovere di un godimento pieno e maturo esercitato in modo responsabile e condiviso. Come è noto il sesso gioca, specie nell’adolescenza, un ruolo liberatorio e identitario, centrale e decisivo nei progetti di vita soddisfacente ma è ambivalente sul piano della polarità apertura oblativa e chiusura egoistica. Oggi il termine omo, trans gender o bisex o gay è discriminatorio.
Negli USA fra gli adolescenti si fa strada il nome “queer”. Rivelarsi tale, cioè strano, bizzarro, disposti a girare nel gioco della sessualità senza la vergogna di potersi mostrare e senza essere discriminato (Rep. Delle donne, 3 settembre 2011, p.78-92). Le liberalizzazioni “moderne di moda” cieche e pericolose del costume degli adolescenti fragili ma spavaldi sono letali tanto quanto le oscurità dell’anima e della mente proprie del conservatorismo ideologico e del moralismo astratto nell’Italia delle cento città. E’ l’educazione “sentimentale” che illumina la sessualità e non solo la descrizione delle modalità e dei modelli di praticarla. E’ l’educazione etica e religiosa che deve ritornare a illuminare e guidare lo sviluppo e l’evoluzione dei costumi. Non basta nella società delle informazioni e degli stimoli ininterrotti un’istruzione sessuale di tipo scientifico mitizzata come “neutrale”. C’è bisogno dell’educazione sessuale “personale e comunitaria orientata ai valori della vita, della salute e della felicità e del legame sociale. In tempi di cinismo e di bullismo essa è diventata una questione multidisciplinare complessa per progetti educativi a fasce di età da parte di figure professionali che hanno competenza, etica di scopo nella scuola per un servizio qualificato alla famiglia, alla chiesa e alla gioventù dall’infanzia alla post adolescenza del gruppo dei pari nei luoghi e nei territori deputati come associazioni o oratori.
Due fondamentali occhi per guardare il fenomeno però sono necessari. Non solo la visione socio-storica e scientifica ma soprattutto antropologica e metafisica nel contesto specifico di una intenzionalità pedagogica e politica di orientamento personalista e comunitaria per la formazione degli individui e della società. Il nodo irrisolto è ancora quello dell’antica domanda se omosessuali si nasce o si diventa per condizionamento di natura e di cultura o per libera scelta di vita. Nel primo caso come nel secondo ci sono scuole diverse ed è diversa la prospettiva della sfida educativa. La tesi di Platone del’ambivalenza originaria e dell’attrazione delle metà è nota. Egli ne parla nel mito dell’androgino con le riflessioni di Aristofane nel dialogo Il Convito e giustifica il bisogno di unità non solo dei corpi ma anche dell’anima.
La tesi contemporanea secondo cui i generi sessuali rinascono dopo il periodo di latenza non a causa della iniziazione ma attraverso una forte attrazione istintiva e naturale di spinta erotica a cui segue una incerta pratica che rende in particolare gli adolescenti più deboli e vulnerabili allo stimo visivo sia la loro mente che i loro organi sessuali. La soddisfazione di un impellente bisogno di piacere ha un forte motivo nella ricerca dell’assoluto del piacere. In questo senso l’appartenenza di genere è un approdo e non solo un cammino. Forse l’originaria ambivalenza erogena del mito dell’androgino maschile-femminile di tipo psicologico più che erogena porta ad una identità di orientamento psicologico e di maturazione di scelte libere e coinvolgenti a partire da una cultura e una pratica di socializzazione sessuale anticipatoria di possibili e futuri ruoli e modelli di esperienze. In questo senso non solo omo, etero, ma anche bisex o plurime.
Nell’adolescenza si trova quindi il momento acuto della scelta non solo di un ruolo ma anche del simbolo di una propria vita. Si ricerca la propria identità di genere oltre l’aspetto fisico unificando e armonizzando pensieri e fisicità, desideri e amori. La Chiesa ha sempre avuto una grande attenzione per il processo psico-fisico e umanizzante di diventare maschio e femmina e ha svolto un ruolo educativo valoriale e teleologico fondamentale spesso di freno inibitore, preoccupata principalmente delle’educazione spirituale della coscienza alla funzione procreativa e in secondo ordine all’uso limitato del piacere per le relazioni di coppia. Sono state le carenze educative e i limiti dell’esperienza culturale a richiedere un intervento sempre maggiore di orientamento in questo campo della chiesa. Su questo tema però così delicato e complesso la chiesa ha rivendicato sempre a se stessa una funzione di insegnamento specie nei periodi di crisi morale nei quali i costumi sono devastati. La famiglia è stata posta come base e vertice di ogni processo educativo anche nel campo dei rapporti sessuali. In questo senso l’individuo è stato sempre visto nel contesto delle relazioni familiari e sociali. La società nella sua spasmodica scoperta del sesso ha enfatizzato il piacere dell’individuo e ha dimenticato l’amore nella funzione di rigenerazione della vita sino al punto che non esiste più un tetto sociale agli stimoli erotici specie nella società mass mediatica di oggi.
Per non arrestare lo sviluppo armonico e sereno, naturale, sociale e religioso delle famiglie e dei giovani nella società è diventato urgente un processo di corresponsabilità educativa complessiva. Una politica scolastica seria dovrebbe affrontare, in modo non affrettato e superficiale calato dall’alto, il problema della necessaria educazione sessuale oltre la semplice istruzione. Anche il gruppo dei pari a livello degli adolescenti e dei giovani non può ancora essere considerato come la famiglia etero fondata sul matrimonio una “riserva indiana” di autonomia e responsabilità ma un’area di diffusa libertà educativa da tutelare e circondare di responsabilità e di attenzioni positive da pare di figure professionali, come ho sostenuto in altri luoghi, di educatori di strada (sacerdoti, maestri, sociologi e psicologi, genitori adottivi, giovani adulti e impegnati in servizi di dialogo e ascolto). Bisogna tuttavia distinguere adeguatamente l’identità di genere come appartenenza ideale da quella come pratica reale. La prima è sostanzialmente psico-sociologica e culturale.
La seconda è intimamente personale e storica. Per questo è gravemente riduttivo continuare a parlare di istruzione sessuale e di sociologia descrittiva dei generi sessuali etichettando in maniera definitiva le appartenenze fatalisticamente per attrazione naturale che nasce dal corpo e dal desiderio di possederlo. Fare leggi con estrema leggerezza ignorando il bene storico e pedagogico degli adolescenti e dei giovani è contro la loro dignità di persone umane e il diritto-dovere primario delle loro famiglie.
Questo suona davvero insopportabile e gravemente irresponsabile in tempi di crisi della famiglia e della società quando quotidianamente si logorano i legami di vita e si moltiplicano le famiglie allargate dove scompaiono i ruoli genitoriali e le funzioni specifiche dei fratelli e dei nonni.
L’evoluzione del costume senza una bussola spirituale, etica e affettiva sta innalzando i sentimenti in una condizione di liberismo assoluto dove è facile che la vittima diventi carnefice e viceversa. Spesso le conseguenze esplodono nelle famiglie e l’amore diventa odio, violenza e distruzione. Il piacere senza amore moltiplica l’istinto di thanatos. Per questo l’educazione sessuale deve avere un fondamento antropologico nella persona che ama e uno sviluppo in crescendo di relazioni positive. Vale a riguardo la parabola del figliol prodigo per ribadire ulteriormente che Gesù Cristo non è venuto per condannare ma per salvare. Per la sua ricca e infinita misericordia non esiste né Sodoma né Gomorra, ma solo cuori infranti che cercano un Padre o il rifugio di un cuore materno dove riposare. A scuola come nella vita bisogna riapprendere ad amare l’amore che è più forte della morte come si dice nel Cantico dei cantici. L’educazione sessuale deve essere riaffermata quindi come valore e riaffidata alla fede, al cuore e alla ragione senza automatismi di moda culturale e politica.