Dalla fine della seconda guerra mondiale, è stata celebrata la Giornata internazionale di lotta e di festa della donna, questa è la definizione corretta dell’8 Marzo. Come segno di riconoscimento giovani, adulte, anziane si adornano con la mimosa, un fiore povero che ai primi di marzo si poteva raccogliere facilmente sugli alberi. Si parla di donne: ciò che ascoltiamo tutti i giorni in televisione, non sono storie di donne felici, realizzate e che, per tale ragione, fanno parlare di sé, ma sono le innumerevoli notizie di donne uccise e massacrate per gelosia, per pazzia, per incapacità di amare; in cui la violenza è l’unica protagonista. Il termine femminicidio si riferisce a tutti quei casi di omicidio in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi relativi alla sua identità di genere; molto spesso, questo genere di violenza è compiuto da persone che hanno legami strettamente sentimentali con la vittima come mariti o fidanzati. Il femminicidio, come cita il Devoto-Oli è “Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.
Annunziata Paoli, 78 Anni, accoltellata dal marito;
Barbara Pons Livatino, 42 anni, uccisa nel sonno a martellate e coltellate dal marito;
Carolina Picchio, 14 anni, si è lanciata dalla finestra di casa. Si ipotizza istigazione al suicidio:
Liliana Agnellini, 65 anni, uccisa dal compagno al termine dell’ennesima lite;
Hrieta Boshti, 36 anni, freddata con un colpo di pistola dall’ex marito;
Antonia Stanghellini, 46 anni, massacrata a coltellate dall’ex convivente, per gelosia;
Donika Xhafa, 47 anni, uccisa con quattro colpi di pistola dal convivente;
Franca Iaciofano, 51 anni, uccisa con un colpo di fucile dal suo amante, che poi si è suicidato;
Giuseppina Boi, 87 anni, uccisa dal marito a martellate;
Olayemi Favour, 24 anni, bruciata viva dall’ex fidanzato di una amica mentre cercava di difenderla;
Bruna Porazzini, 75 anni, uccisa dal marito a martellate in testa;
Giuseppina Di Fraia, 52 anni, morta dopo tre giorni di agonia, investita e incendiata dal marito;
Jamila Assafa, 30 anni, uccisa dal marito con una coltellata al cuore;
Giuseppina Saverino, 81 anni, uccisa dal marito perché era malata;
Paola Labriola, 53 anni, Psichiatra uccisa da un paziente con 28 coltellate sul posto di lavoro;
Anna Francesca Scarpati, 52 anni, uccisa dal compagno che aveva denunciato ai carabinieri per percosse e per violenza fisica e psicologica;
Questi e tanti altri sono i nomi di donne uccise nel 2013… Spunto di riflessione per dire che è inaccettabile tale situazione. Mentre la prospettiva sociale e politica è largamente dibattuta, dove si parla dell’emancipazione femminile o del ruolo sempre maggiore che le donne acquisiscono all’interno della società, sembra che manchi, per ottenere una comprensione migliore del fenomeno e per contrastarlo più efficacemente, un’ interpretazione psicologica delle cause della violenza.
La violenza di un uomo nasce da un sentimento di fragilità, che egli stesso considera inaccettabile e alla quale cerca di resistere picchiando la propria donna. Uomini cresciuti in ambienti talmente violenti che essendo stati umiliati o maltrattati dalle figure di riferimento, reagiscono con la violenza fisica o psicologica che sia. Da un punto di vista psicologico è importante guardare anche alle donne: in alcuni casi riescono ad uscire da relazioni violente e a denunciarle, ma in molti altri casi non riescono ad allontanarsi da uomini aggressivi, non si proteggono, non riescono a leggere i segnali preliminari di violenza, spesso estremamente chiari. Donne che accettano la compagnia di uomini violenti, sviluppano nei loro confronti relazioni di dipendenza. È importante che le donne imparino a riconoscere le situazioni rischiose, anche il più piccolo segnale di violenza, deve essere preso in considerazione ed interpretato come messaggio prezioso per considerare quella storia: una storia non buona, che potenzialmente ci mette a rischio, e che quindi andrebbe chiusa. Un uomo violento non cambia con l’amore di una donna, la violenza non è curabile.