Cara Emilia,
anche nel momento del trapasso, nell’ultimo respiro terreno, Gaia ha dato ancora e solo amore alla sua mamma con un gesto che rimarrà per sempre impresso nei nostri cuori straziati. Una bimba meravigliosa è volata in cielo da dove era venuta una mattina d’inverno; una creatura angelica pervasa da quel grande dono divino qual’ è il candore dell’animo che solo i giusti ed i puri di cuore posseggono. Il cuoricino le si era appena fermato e non potendo dare altra manifestazione di sé ti ha donato l’estremo gesto per confermare, qualora ce ne fosse mai stato bisogno, ancora per la miliardesima volta : “Mamma ti amo e ti amerò per sempre”. Ha scodinzolato per l’ultima volta con estremo coraggio per infondere a te il suo coraggio e darti la sua serena benedizione ed è spirata nel segno dell’infinito amore e della rettitudine morale con cui ha condotto la sua splendida vita terrena.
“Cara Emilia, Gaia è stata una delle creature più dolci, buone e comprensive al mondo”, questo ti ha scritto mia figlia Martina. “L’hai salvata quando l’hai trovata e lei ti ha dato una vita bellissima, piena d’amore e d’avventure. Non posso neanche immaginare quanto ti mancherà”, ed io aggiungo quanto ci mancherà, quanto mancherà a tutti quelli che l’hanno conosciuta e ne sono stati conquistati, pervasi immediatamente da quell’aura di gaia serenità e di generosità che solo creature senza peccato possono donare.
Emilia ti ricordi di Argo? L’anziano cane di Ulisse, l’emblema, l’immagine arhetipica della proverbiale fedeltà del miglior amico dell’uomo? Di lui Omero canta una manciata di versi di commovente intensità capaci di restituirci il senso dell’attesa tenace e testarda, la gioia del riconoscimento, la capacità -del cane più che dell’uomo- di tenere sempre viva la speranza e l’amore.
Ulisse l’aveva nutrito e allevato, abbandonandolo subito dopo, perché trascinato dal Fato a Troia, (tu invece l’hai salvata mentre zigzagava tra le macchine impazzite, curata, accudita, rispettata ed amata giorno e notte per un tempo tanto lungo che ora ti sembra improvvisamente tanto breve), e nonostante ciò Argo lo ha aspettato per tutti questi lunghi anni, quasi per rendergli l’ultimo saluto ed ora può morire in pace. Nonostante il tempo trascorso e le diverse sembianze di Ulisse, che si mostra vestito da mendicante, Argo è l’unico a riconoscerlo, lo vede avvicinarsi e “drizzate le orecchie” si mette in atteggiamento vigile. A questo punto vorrebbe saltare in piedi e andargli incontro, ma non avendone più la forza “squassò la coda” in segno di festa e poi “gli occhi nel sonno della morte chiuse” finalmente sereno per aver rivisto Ulisse dopo anni ed anni trascorsi nell’attesa del suo amato compagno di vita e dedicargli quell’ultimo gesto di affetto e di rispetto che 20 anni prima gli era stato negato. Argo ha potuto fare per un’ultima volta le feste al suo padrone. Poi muore. E Ulisse piange. È, questa, l’unica lacrima del forte Ulisse in tutta l’Odissea. Non vergognarti di piangere così come non me ne vergogno io. Sii forte come e più di Ulisse, fallo per Gaia e per tutte le Gaiette del mondo che ci amano senza nulla pretendere né chiedere mai, ci donano amore e comprensione anche nei momenti difficili, anche e soprattutto in questi tempi oscuri in cui l’uomo si fa carnefice e boia di sé stesso.
Arturo Mingardi .