Quando l’esperto dice che il mare è mosso rappresenta la reale possibilità che il navigante con una barca di non grande portata può andare incontro a serie difficoltà. In politica, con i dovuti adattamenti dell’irrequietezza partitica, se le difficoltà per ritrovare un comune consenso su un argomento di spessore, il percorso del governo è del tutto assimilabile alla barca che tenta di navigare in un mare mosso.
Questo governo si regge in via preponderante sul partito democratico, sul nuovo raggruppamento politico di centro destra e sul partito di Monti, peraltro diviso in due parti.
Questa maggioranza dovrebbe durare in tutto 18 mesi e dopo chiamare gli italiani al voto per dare vita ad un nuovo governo. I punti maggiormente di rilievo sono costituiti dalla legge di stabilità nel rispetto rigoroso dei parametri europei, dall’eliminazione, nel rispetto delle norme che modificano la carta costituzionale, di una delle due camere individuata nel senato con l’introduzione del semi-presidenzialismo e dell’approvazione di una nuova legge elettorale in sostituzione di quella odierna dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.
Nel frattempo è cambiata la segreteria del pd che con le primarie ha ritenuto di eleggere Renzi il quale, con intraprendenza del tutto giovanile ma che comunque vuole dimostrare di essere il politico dell’avvenire e non il rottamatore del passato, ha posto come priorità politica l’invito a tutti i partiti di trovare un accordo per una nuova legge elettorale avente la caratteristica di dipingere di colore politico due schieramenti per il fine di poter fare stabilire dagli elettori chi dei due dovrà per un’intera legislatura governare il paese. A questo punto il navigante ha visto veramente che il mare era per davvero mosso. Il neo partito di Alfano ritiene di dare vita alla nuova legge elettorale dopo le modifiche costituzionali che dovrebbero comprendere anche la riduzione del numero dei parlamentari in contrasto, quindi, con la proposta renziana la quale – ci sembra proprio di capirlo – potrà essere posta nel nulla se dovesse insorgere una qualche difficoltà operativa e di risultato nel corso della procedura costituzionale di modifica dell’attuale sistema parlamentare. In simile evenienza è facile prevedere che ogni parte scaricherebbe la colpa sull’altro con la conseguenza di una maggiore instabilità politica ed economica in un paese che non riuscirebbe a vedere non la luce ma nemmeno il tunnel. Se le onde del mare ritenute mosse dovessero subire una ventata simile si dovrebbe dare un nome, magari accettabile, al ciclone che ci investirebbe.
Un dato oramai può essere considerato non modificabile: la nuova legge elettorale. La chiedono tutti, anche quelli che l’hanno proposta e votata affibbiandone anche un nome che non è proprio elegante. Peraltro il ritorno ad un modello su cui può specchiarsi la volontà dell’elettore è da ritenere essenziale per la sua incidenza sulle modifiche strutturali del nostro paese che tutti ritengono essere il motore che ci consente di far girare le ruote della nostra economia che necessita in un mondo globalizzato di ritornare ad essere competitiva.
I diversi modelli elettorali patrocinati dagli esponenti dei vari partiti hanno tutti al loro interno una logica fattuale che, per essere liberi e indipendenti nel giudizio che ognuno di noi può esprimere, necessita, però, di essere adattata al tempo che viviamo e non datata all’epoca di cui era espressione.
Ciò sta a significare che ogni modello elettorale deve essere, per così dire, lavato e stirato con l’acqua che l’attuale assetto sociale con le espressioni categoriali che lo caratterizzano, ci obbligo a bere.
Se ci si trincera con spirito assolutistico nel proprio modello e non si è disponibili a realizzare un valido concetto di sintesi ognuno rimarrà fermo e solido nella propria trincea allontanando l’occasione per uscirne fuori per superare la tesi avversaria.
Questo probabile e non proprio esaltante “gioco” sia pure legittimo per ogni protagonista in campo non può di certo giovare ad un paese che è democratico e tale intende restare anche per il futuro.
La nostra classe politica è chiamata, pertanto, a fornire prova della sua cultura democratica e la valenza di questa non può, peraltro, esaurirsi, in un’unica prova, ma deve piuttosto essere una sua normale connotazione operativa. Se così non si dimostrerà il “tutti a casa” troverà, magari sbagliando perché non propositiva di un modello diverso, un sempre più elevato numero di aderenti.
Torna in mente per l’occasione il detto di quel famoso uomo politico il quale soleva dire che un politico è veramente tale quando non pena nella sua quotidiana attività alle prossime elezioni ma alle prossime generazioni.