MARINA DI RAGUSA E LA SPIAGGIA “ROSICATA” DAL MARE

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un miracoloso “fiorire” di progetti di ripascimento e di antropizzazione della nostra costa attraverso pennelli e barriere, di dubbia utilità e peraltro vietati dal Piano Paesaggistico. Tutti questi progetti hanno come denominatore comune la “supposta” risoluzione di una problematica locale, indipendentemente se la realizzazione di un dato progetto in una porzione di litorale  possa causare un danno nel litorale immediatamente adiacente. Questo effetto di “spostamento del problema” è comune a tutte le opere di difesa rigida (pennelli e barriere) e ne costituisce la principale controindicazione, insieme all’elevato impatto ambientale dovuto all’inserimento di materiali lapidei in una situazione di spiaggia sabbiosa, che ne stravolge completamente l’assetto.

La strategia è sempre la stessa: qualche articolo sul giornale di quant’è cattivo il mare che si “rosica le nostre coste”, gran “cerimonieri” rappresentati dai rup e dai progettisti che si assumuno il ruolo di improbabili difensori a spada tratta del nostro litorale e, per ultimi,  “ignavi” funzionari locali e regionali dal “nulla-osta” facile.   

La lezione delle barriere frangiflutti realizzati a Donnalucata una trentina di anni fa che ha determinato l’erosione immediatamente ad Est nella zona di Arizza Spinasanta, a cui si è dovuti attualmente intervenire con la realizzazione di orribili pennelli, evidentemente non è bastata. Quanto avvenuto avrebbe dovuto dare uno stimolo verso una gestione del litorale più oculata e più rispettosa dell’ambiente ed invece ha causato l’effetto contrario: una spinta speculativa che ha investito ed investirà il nostro litorale con “pietrame” dal Dirillo fino ad Ispica.

L’inutilità di posizionare dei pennelli a protezione della costa è stata ampiamente dimostrata anche in questi giorni guardando ciò che è successo ad Arizza. Malgrado i pennelli, la spiaggia è stata letteralmente inghiottita dalle mareggiate.

Eravamo alquanto stupiti che Marina di Ragusa, una della località balneari più rappresentative del nostro litorale si fosse salvata  da questo “scempio annunciato”,  invece no, nei giorni scorsi ci ha pensato il consigliere comunale Giorgio Mirabella  denunciando le presunte problematiche che affliggono il litorale Andrea Doria. Secondo Il consigliere, le ultime mareggiate hanno  messo a dura prova la spiaggia nel tratto di litorale prospiciente il circolo velico, al suo posto sono presenti dei “grossi massi” che non renderanno  fruibile l’arenile con l’approssimarsi della stagione estiva. Il consigliere sollecitava l’Amministrazione Comunale a provvedere con un ripascimento della spiaggia.

In effetti la spiaggia in questione non si presenta in ottime condizioni, è noto che durante l’inverno i litorali tendono ad assottigliarsi notevolmente rispetto all’estate.

Bisogna comunque ricordare che buona parte dei “massi” di fronte al circolo velico sono ricoperti di alghe, segno  che sicuramente non sono state le ultime mareggiate a scoprirli.  Probabilmente è grazie all’azione di difesa di  questa “distesa di massi” che in questo tratto di costa esiste ancora una spiaggia che questa estate garantirà la balneabilità del litorale. D’altronde, basta consultare le foto storiche di Marina di Ragusa per constatare che neanche l’antica “Mazzarelli” ha mai avuto ampi litorali. La denuncia del  consigliere arriva  in ritardo di almeno cinquant’anni. Piuttosto, se si guarda con più attenzione il litorale si può capire che gran parte dell’erosione che è avvenuta nei giorni scorsi non è certamente dovuta al nostro “mare cattivo”,  bensì ha origini prevalentemente  “terrestri”.  I numerosi canali di scolo disseminati lungo tutto il litorale non fanno certo bene all’arenile. Come documentato dalla sottostante foto, anche le feritoie poste ai margini del lungomare hanno determinato una serie di solchi di erosione che hanno asportato ingenti volumi di spiaggia.

Non mettiamo in dubbio le buone intenzioni del consigliere ma, prima di “insozzare” le nostre spiagge con materiali di cava quali pietrisco o sabbie di cava di dubbia compatibilità colorimetrica e granulometrica, sarebbe opportuno riflettere ed eliminare prima le “cause terrestri”.

Ricordiamoci che noi andiamo, ed i turisti vengono, per vedere il mare e le spiagge naturali non certo per vedere “terriccio” o  “pietrame” quali pennelli e barriere frangiflutti.