Le denunce del SILP per la CGIL dei giorni scorsi sulla carenza ormai cronica di uomini e risorse per la Polizia di Stato e sull’insostenibilità della situazione al Centro di Primo Soccorso e Assistenza di Pozzallo non erano infondate.
Nei due grandi stanzoni del CPSA, in questo momento, un numero di persone ben superiore alla capienza prevista vive su materassini di gommapiuma, dove oltre a dormire, mangia e si veste. E questo non da un paio di giorni, come dovrebbe essere in un centro di primo soccorso, ma da settimane.
Come il ragazzino al quale è stata diagnosticata la meningite da meningococco, che è rimasto al CPSA per ben due settimane, prima di essere finalmente trasferito.
Come tanti uomini, donne con bambini piccoli, e ragazzini minorenni senza alcun parente, anche di diverse etnie, che non sempre convivono serenamente dentro il Centro.
Nel momento in cui scriviamo altri poliziotti e personale delle Forze dell’Ordine, sottratti come sempre ad altri servizi, assicurano la vigilanza, in condizioni di emergenza, alla palestra comunale dell’istituto Amore, dove sono sistemati alla meno peggio, ancora più precariamente degli ospiti del CPSA, quasi cento migranti sbarcati domenica.
E dobbiamo sperare che non arrivino in porto altri barconi con il loro carico di migranti: finite le palestre di Pozzallo toccherà a Ispica o a Modica?
Una situazione di un equilibrio che definire instabile è riduttivo, ma che le donne e gli uomini della Polizia di Stato, dall’Agente al Funzionario, oltre che delle altre Forze di Polizia, che lavorano al CPSA, con sacrifici ed in condizioni talvolta precarie, sono purtroppo abituati a gestire. Come sono abituati al possibile contatto con meningite, tubercolosi, scabbia. E’ giù successo, e succederà ancora.
Quel che si poteva e si doveva fare è ridurre al minimo i rischi, per l’ordine pubblico e per la salute pubblica: evitare il sovraffollamento, con trasferimenti rapidi verso altri Centri idonei per una lunga permanenza.
Non si può pensare di trasformare il CPSA in un Centro per Richiedenti Asilo o in un Centro di Identificazione ed Espulsione con due parole su un pezzo di carta. Ci vogliono strutture, uomini, servizi.
I poliziotti che lavorano al CPSA spesso si trovano a dover subire e fronteggiare le conseguenze di decisioni ed inerzie di altri. Altri che, ne siamo certi, hanno messo “le carte a posto”. Ma noi non guardiamo le carte. Guardiamo le persone, i rischi, i turni massacranti, l’impossibilità di dare una risposta alle esigenze della cittadinanza.
Perché è mortificante, per un poliziotto, dover rispondere al cittadino che chiama al telefono “Ci spiace, non abbiamo pattuglie…”.
La risposta all’emergenza, come sa bene chi per mestiere deve fronteggiarla, va preparata in anticipo. Altrimenti se ne pagano le inesorabili conseguenze. a.c.