In un periodo in cui i fenomeni migratori globali sono al centro di tutte le analisi politico-economiche e dei dibattiti mainstream, ce n’è uno in particolare che sembra del tutto invisibile e trascurato, nonostante sia destinato nei prossimi decenni a diventare preponderante: quello dei migranti ambientali. L’arte, come spesso accade, arriva prima nella lettura di alcuni fenomeni e prova ad accendere su di essi i riflettori della società.
Così ha provato a fare il fotografo Alessandro Grassani – più volte premiato, tra le altre cose, ai Sony World Photography Award – con il suo progetto “Migranti ambientali: l’ultima illusione”, che ha già ottenuto una grande risonanza a livello internazionale e che dal prossimo 14 dicembre sarà integralmente esposto per la prima volta in Sicilia, a Modica, grazie alla Mostra promossa dal Condominio Fotografico e dalla Fondazione Teatro Garibaldi.
“Migranti ambientali: l’ultima illusione” include quattro capitoli – Ulan Bator (Mongolia), Dhaka (Bangladesh), Nairobi (Kenya) e Port au Prince (Haiti) – che coincidono con le quattro tappe del lungo viaggio che Grassani ha condotto per incontrare e raccontare questi migranti che ad oggi non hanno un vero nome e per il diritto internazionale nemmeno uno status: sono coloro che fuggono dalle zone colpite dai cambiamenti climatici e, migrando nelle città, inseguono la speranza di un futuro migliore.
La scelta dei luoghi è stata dettata dalla volontà di rappresentare le diverse tipologie di cambiamenti climatici che a livello globale influenzano il fenomeno delle migrazioni ambientali: dall’estremo freddo della Mongolia al processo di desertificazione in Kenya, passando per inondazioni, cicloni e innalzamento del livello del mare in Bangladesh e Haiti.
Il progetto di Grassani è nato a partire da alcuni dati: il 2008 ha segnato una tappa della storia dell’uomo, il momento a partire dal quale c’è più gente che vive nelle città che nelle campagne, mentre le Nazioni Unite hanno già stimato che nel 2050 la Terra dovrà affrontare il trauma rappresentato da 200/250 milioni di migranti ambientali, tutte persone che al momento non approderanno nei Paesi più ricchi ma cercheranno nuove forme di sostentamento nelle aree urbane dei loro Paesi d’origine, i cosiddetti slums, già sovraffollati e spesso poverissimi.
“L’ultima illusione” del titolo si riferisce proprio alla speranza dei migranti ambientali di trovare una vita migliore nelle città, che si infrange, una volta arrivati nelle baraccopoli, contro la mancanza di risorse, competenze e opportunità.
Alessandro Grassani, Sony Global Imaging Ambassador e docente di fotografia documentaria all’Accademia John Kaverdash di Milano, deve gran parte della sua fama al fatto di aver già raccontato grandi eventi internazionali come i funerali di Yasser Arafat, lo sgombero dei Coloni israeliani dalla Striscia di Gaza, il terremoto che distrusse la città di Bam in Iran, l’operazione militare israeliana “Summer Rain”.
Con il tempo la sua attenzione si è spostata verso una fotografia di approfondimento e indagine su importanti tematiche sociali che l’hanno portato a viaggiare in oltre 40 Paesi.
Il progetto sui Migranti ambientali è già stato esposto in molte parti del mondo, innanzitutto nella sede dell’ONU e poi da Parigi a Berlino, da Londra a Trondheim, da Madrid a Yokohama, oltre a essere stato oggetto di numerose pubblicazioni, dal National Geographic a Newsweek, dalla BBC alla CNN.
La mostra – dal forte impatto emotivo sul visitatore, grazie all’allestimento immaginato per valorizzare la notevole dimensione delle stampe – sarà inaugurata a Modica, all’ex Convento del Carmine in piazza Matteotti, sabato 14 dicembre 2019 alle ore 18 e sarà poi visitabile dal 15 dicembre al 6 gennaio (da martedì a sabato dalle 16 alle 20, la domenica anche dalle 10 alle 13, chiuso il lunedì; ingresso euro 2, gratuito per le scuole).