Carissimi fratelli e sorelle,
Il Natale ci fa rivivere il momento in cui la Parola squarciò i cieli e venne a illuminare la notte che avvolgeva la storia degli uomini. L’umanità intera aveva bisogno di quella luce. Il profeta Isaia, già alcuni secoli prima, aveva affermato: “*Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse*”, e, quasi pregustando la gioia della Notte di Natale, aveva aggiunto: “*Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia…poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio*”.
Il Natale è tutto qui: un Dio che si fa fragile bambino. “*Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia*”, dice l’angelo ai pastori. Ed essi, non indugiarono nelle loro preoccupazioni e neppure si misero a discutere quanto avevano ascoltato. Accolsero l’annuncio dell’angelo e subito si dissero l’un l’altro: “*Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere*” . Quei pastori, persone tra le più disprezzate di quel tempo, sono i primi ad accorrere attorno a quel Bambino.
Essi, in certo modo, anticipano un detto caro a Gesù: “*i primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi*”. In quel piccolo gruppo di pastori che circondano Gesù potremmo vedere la prima immagine della Chiesa. Gli ultimi fanno parte della prima famiglia che Gesù raduna. Essi, assieme a Maria e a Giuseppe, stanno con gli occhi fissi sul piccolo Gesù. Quel Bambino è come tutti i neonati: non sa parlare, anche se è la Parola fattasi carne, venuta per cambiare il cuore e la vita degli uomini. Forse si esprime solo con un pianto implorante: è per toccare il cuore di ognuno. Il Natale chiede a ciascuno di ascoltare il pianto di questo Bambino che implora aiuto e protezione.
Insieme a Lui lo chiedono i bambini di oggi e specialmente i bambini poveri, sfruttati e violentati di ogni parte del mondo; lo chiedono gli anziani soli e abbandonati, anch’essi esclusi dalla vita. Non chiedono molto, implorano solo di far parte anch’essi della famiglia umana. E lo domandano anche i milioni di profughi e di stranieri lontani da casa, come Maria e Giuseppe; lo chiedono quelli che hanno fame e sete di giustizia; lo invocano gli oppressi dalle violenze e dalle guerre; lo impetrano i disperati e gli angosciati del mondo.
In loro nome, implorando e piangendo, il Bambino di Betlemme chiede a tutti un po’ più d’amore. Sì, il Natale è una domanda di amore per i deboli, una domanda d’amore per il mondo intero. Vissuto così, il Natale è davvero “amico degli uomini”. E con sant’Efrem possiamo cantare: “*Il giorno della tua nascita, o Signore, è un tesoro destinato a soddisfare il debito comune*”, il debito dell’amore.
Buon Natale a tutti!
+ Carmelo Cuttitta
Vescovo di Ragusa
contributo fotografico Laura Moltisanti