Nel giornale di viaggio di Jean Houel una Ragusa mitica

Curioso anniversario quello che vogliamo ricordare in questa occasione, scoperto leggendo il diario di viaggio di Jean Houel nel nostro territorio. Il “Pittore del Re” di Francia viaggiò in Sicilia tra il 1776 e il 1779 (aveva ottenuto dal sovrano una sorta di borsa di studio sufficiente a stare una decina di mesi sull’Isola, raggiunta da Napoli, per riportare le immagini degli antichi monumenti greci e romani e qualche originalità botanica e naturalistica). Resosi conto della enorme ricchezza naturale e monumentale dell’Isola e appassionatosi anche ai costumi degli indigeni, Houel prolungò il suo soggiorno per potersi poi rifare, tornato in Francia, consegnando al Re una quarantina di guaches eccezionalmente belle (e vendendo alla Zarina di Russia ancora più numerosi disegni i cui introiti gli permisero la pubblicazione del suo “Giornale di Viaggio”).

A Ragusa rimase qualche settimana, ospite del Barone Nicastro (in quel palazzo oggi conosciuto come “Vecchia Cancelleria”) e descrivendo, in testo e con le sue famosissime vedute sia in acquarello sia a matita seppiata, quelle che a lui apparivano le singolarità del territorio ibleo (i ruderi di Kamarina e di Kaukana, le cave di asfalto alla periferia di Ragusa, le antiche tombe dei siculi trasformate, nel frontone roccioso sottostante il convento del Carmine, in tantissimi alveari ricovero delle api che producevano il celeberrimo miele degli Iblei).

Nel descrivere la zona agricola dei “Cento Pozzi” e dintorni, con le ipotesi sulla costruzione di tante cisterne e la “strana” vicinanza della Grotta delle Trabacche, grande e aristocratica tomba, Jean Houel aggiunge al suo Journal de Vojage una nota, che riportiamo testualmente:

Nel 1770, nel mese di maggio, a Fucifazzo, nel territorio di Ragusa, una mula che era stata montata da un cavallo, diede alla luce un puledro dopo undici mesi. Aveva, si dice, la parte anteriore del cavallo, tranne le orecchie; la coda era quella di un cavallo, tutto il resto del corpo era quello di una mula. Nitriva e camminava come un cavallo. La madre aveva per lui un vivissimo attaccamento, l’allattava accuratamente e non lasciava avvicinare alcuno. La mula e il suo puledro furono portati al passeggio per tutta la città come oggetto curioso. Malgrado tutte le cure che le furono prestate, non visse che due anni. Si è creduto a lungo che le mule fossero sterili: lo sono nei nostri climi, ma in Italia, in Spagna, nelle nostre colonie, talvolta rimangono gravide

Sono quindi trascorsi duecentoquaranta anni da quei fatti. Curiosi, certamente, e forieri di alcune riflessioni ad integrazione di quanto Houel descriveva, in termini entusiastici, della economia agricola, zootecnica e mercantile del territorio ibleo (descrivendo la fertilissima vallata del fiume Irminio il francese sostiene che con un minimo di slancio da parte delle autorità governative, il commercio dei prodotti agricoli della Contea di Modica avrebbe potuto fare un enorme salto di qualità e non limitarsi all’esportazione di qualche tonnellata di carrube a Malta e nei dintorni).

La curiosità scientifica della nascita di un puledro da una mula che, a ragion di scienza doveva essere sterile, (anche se eccezionalmente qualche esemplare risulta fertile) e soprattutto il fatto che la mula ed il puledro vennero portati a passeggio in città mostra, ancora una volta, l’attaccamento dei ragusani (quelli di allora certamente, non sappiamo se anche quelli di oggi) per il proprio lavoro, per l’impegno a raggiungere una produzione sempre migliore, sempre più qualitativamente apprezzabile. Quello della mula e del suo puledro potrebbe essere elevato a esempio di uno stile di vita. Non è difficile immaginare massà Giuvanni, o massà Turi, o massà Vicienzu Occhipinti, o Criscione, o Tumino, andare in giro a testa altissima in via Addolorata, in via Casino, nella Strada Mastra con alle redini la mula e dietro questa il puledro. Non è difficile immaginare quel giugno o giugnetto di duecentoquaranta anni fa e la gente all’ombra dei “logghi” ammirare quello spettacolo di natura, vicino al miracolo per il quale ringraziare il Patrono San Giovanni Battista ed anche Sant’Antonio Abate, patrono degli animali da produzione. (Hicsuntleones)