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Non erano solo due. Bronzi di Riace: il terzo guerriero sarebbe stato trafugato nelle acque tra Siracusa e gli Iblei
09 Apr 2025 16:47
Una storia che da mezzo secolo affascina e inquieta. I Bronzi di Riace, simboli immortali dell’arte greca, potrebbero non essere soltanto due. E, soprattutto, potrebbero non essere stati rinvenuti casualmente nelle acque calabresi, ma essere stati intercettati altrove, trafugati e fatti sparire o “ripuliti” attraverso canali ben rodati. Una nuova, inquietante ipotesi li collega alla Sicilia sud-orientale, in particolare al mare di Siracusa, e al sistema di traffici illeciti delle cosiddette archeomafie.
È da questo caso emblematico – mai chiuso e ancora oggi oggetto di speculazioni e ricerche – che prende spunto il convegno “Le archeomafie negli Iblei. Lo strano caso dei Bronzi di Riace e altro ancora”, in programma venerdì 11 aprile a partire dalle 9.00 alla Chiesa della Badia di Ragusa, in Corso Italia.
Archeologia e criminalità: il caso Riace riapre ferite antiche
Organizzato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Ragusa, in collaborazione con il Comune e Confeserfidi, l’appuntamento vedrà la partecipazione di studiosi e giornalisti da tutta Italia. Si parlerà non solo di storia e archeologia, ma anche di traffici internazionali, complicità locali e strategie di contrasto.
«Sulle modalità del ritrovamento dei Bronzi di Riace sono sempre rimasti margini di opacità – ha ricordato stamani il Soprintendente Antonino De Marco, durante la conferenza stampa di presentazione – e numerose fonti riportano la presenza di un terzo bronzo, di cui si sono perse le tracce. Si ipotizza che sia stato sottratto e immesso nei circuiti illeciti del collezionismo, con un possibile recupero proprio nelle acque siciliane».
Una ricostruzione che, se confermata, collegherebbe in modo diretto il caso Riace alle dinamiche delle archeomafie: le organizzazioni criminali che da decenni alimentano il mercato nero dei beni culturali. «Il nostro lavoro – ha aggiunto De Marco – è tutelare il patrimonio, ma anche stimolare una coscienza collettiva sulla legalità».
Archeomafie: una minaccia ancora attuale
Il convegno affronterà anche altri casi emblematici legati agli scavi clandestini nel territorio ibleo e in tutta la Sicilia sud-orientale. Dai siti depredati ai reperti che spariscono senza lasciare traccia, passando per le carenze legislative che rendono difficile il controllo e il tracciamento delle opere. Si discuterà anche di proposte per rafforzare le misure di tutela e contrastare un fenomeno che arricchisce le mafie e impoverisce la collettività.
L’archeologo Saverio Scerra, tra i promotori dell’evento, ha evidenziato l’urgenza di riportare al centro del dibattito pubblico la minaccia delle archeomafie: «È un tema su cui si è fatto troppo silenzio. Le attività clandestine proseguono, spesso alimentate da un mercato internazionale sempre più affamato di pezzi unici».
Cultura, legalità e centro storico: Ragusa rilancia
Il Comune di Ragusa ha messo a disposizione per il convegno due luoghi simbolo del centro storico: la Chiesa della Badia e Palazzo Garofalo, dove il 13 aprile sarà inaugurata anche una mostra dedicata agli Egizi. «Stiamo lavorando – ha dichiarato l’assessore ai Centri Storici Giovanni Gurrieri – per riportare vivacità culturale in questi spazi, grazie a protocolli d’intesa con la Diocesi e l’Opera Pia Schininà. Eventi come questo aiutano i cittadini a riappropriarsi del proprio patrimonio».
A sostenere il convegno anche Confeserfidi. «Il traffico di reperti è una ferita che tocca la nostra identità – ha affermato l’amministratore delegato Bartolo Mililli –. Le mafie guadagnano, la comunità perde. Per questo siamo in prima linea per la valorizzazione e la difesa del nostro territorio».


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