NUCLEARE E REFERENDUM 1987-2011

L’Italia può essere considerata la patria del nucleare, è infatti a Fermi e al gruppo di fisici poi divenuti celebri come “i ragazzi di via Panisperna” che si devono i primi studi sull’energia atomica. Molto presto però l’esperienza nucleare sbarcò oltreoceano dove la bomba atomica, costruita nell’ambito del progetto Manhattan, causò l’orrore di Hiroshima e Nagasaki. Con la conclusione della seconda guerra mondiale, l’energia atomica cominciò ad essere utilizzata anche per scopi civili. L’Italia fu uno dei primi Paesi ad intraprendere questa strada tanto da essere, nel 1965, la terza nazione al mondo per produzione di energia nucleare.

Al di là del promettente esordio, il progetto nucleare italiano fu abbandonato però già a partire dalla seconda metà degli anni ‘60 quando l’Italia, probabilmente per pressioni collegate agli interessi delle potenti compagnie petrolifere, diventò un grande acquirente di greggio. Proprio in questi anni iniziarono, infatti, i primi tagli ai finanziamenti sul programma nucleare, nonché le prime concessioni per la costruzione di imponenti raffinerie di petrolio grezzo. Il progetto nucleare in Italia non fu quindi abbandonato, come solitamente si dice, in seguito all’esito referendario del 1987. Ad ogni modo gli italiani nel novembre del 1987 ebbero la possibilità di esprimersi sull’argomento e dei quasi 46 milioni di italiani recatisi alle urne ben l’80% votò per l’abolizione delle leggi che facilitavano l’installazione di insediamenti energetici. Con il referendum fu quindi formalmente sancito l’abbandono, da parte dell’Italia, del progetto nucleare.

Nonostante la chiara espressione della volontà popolare, il  nucleare però ricompare nella campagna elettorale del centro-destra per le politiche del 2008 e, con l’installazione del nuovo governo, già nel febbraio del 2009 Enel e EDF (Électricité de France) prendono accordi per la costruzione in Italia di almeno 4 centrali nucleari EPR. Il referendum previsto per il 12-13 giugno avrebbe permesso al popolo di esprimersi riguardo la ripresa della produzione di energia nucleare in Italia oltre che sulle altre importanti questioni ovvero il legittimo impedimento e la privatizzazione dell’acqua. Il 19 Aprile però il governo, ha abrogato tutte le norme sulla realizzazione di nuove centrali nucleari legiferando su un argomento oggetto di un imminente referendum. L’emendamento antinucleare, che sospende ma non abolisce il piano nucleare, rivela di fatto la volontà del governo di proseguire, una volta passata “l’onda emotiva di Fukushima”con il nucleare, peraltro definito dal premier come un “destino ineluttabile”. La volontà del governo di impedire al popolo di esprimersi sulla questione risulta dunque chiara anche se l’ultima parola sul destino del referendum spetta alla Cassazione.

Resta il fatto che nonostante i 2 milioni e 300 mila firme raccolte per presentare i quesiti referendari, questa volta, su una questione di tale importanza, il popolo italiano potrebbe non avere nemmeno la possibilità di esprimersi: un caso di vera emergenza democratica.