Buon Natale, amici miei.
In questo periodo capiterà tante volte, incontrando parenti ed amici, di scambiarci questo augurio. Sarebbe però deludente se l’augurio fosse limitato a questi giorni; è come se dicessimo “Vi auguro di essere felici, di stare bene, di sperimentare la pace, la serenità e la gioia”, ma soltanto per una settimana o un mese. Il nostro augurio, invece, vuole essere un invito intenso a prendere coscienza di un evento che ha cambiato il mondo e che, se vogliamo, cambia la nostra vita e ci fa essere felici sempre e nonostante tutto: Dio si è fatto uomo per essere il compagno di viaggio lungo le nostre strade. Egli è l’Emanuele, cioè il Dio con noi, il Dio vicino. A Betlemme è nato il nostro Salvatore!
Questo è l’evento che noi contempliamo a Natale, è la forza della nostra esistenza. «Il Natale non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al dramma dell’umanità in cerca della vera pace» (Benedetto XVI, 20.12.2009).
Come sapete, la nostra comunità diocesana si sta interrogando sul cammino compiuto e soprattutto su che cosa il Signore oggi ci chiede. Il tema dell’anno pastorale è Educhiamoci al discernimento.
In questo Natale vi chiedo di fare discernimento sul Bambino che è nato a Betlemme.
Il vangelo di Matteo ci racconta che mentre il Battista è in carcere, i suoi discepoli gli parlano di Gesù, di ciò che predica e di ciò che fa. Il Battista aveva presentato «colui che deve venire» come colui che «tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (vangelo di Matteo, capitolo 3, versetti7-12). E invece Gesù ha un comportamento diverso. È esigente e, nello stesso tempo, parla di amore, di perdono, di misericordia, di riconciliazione; guarisce gli ammalati, si avvicina ai lebbrosi, entra nella casa di pagani e peccatori. I comportamenti di Gesù lo disorientano! Egli invia, quindi, i suoi discepoli da Gesù perché gli chiedano: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù, piuttosto che rispondere direttamente alla domanda che gli è stata posta, invita i suoi interlocutori a riferire a Giovanni ciò che sentono e vedono: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato colui che non trova in me motivo di scandalo!» (vangelo di Matteo, capitolo 11, versetti 2-6).
Riconosciamo nel Bambino di Betlemme il nostro Salvatore o aspettiamo altri salvatori? Siamo convinti che, scoprendoci ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi, morti, Lui è la nostra guarigione e la nostra salvezza? Papa Benedetto ci ha ricordato che altri si sono presentati come salvatori dell’umanità, ma hanno provocato «grande vuoto e grande distruzione» (Omelia, 12.12.2010).
Ma c’è anche un altro aspetto che può diventare tema di discernimento e che presento con un racconto della letteratura ebraica: «Un giorno due discepoli corsero trafelati alla casa del rabbi per dirgli che al mercato era rimbalzata la lieta notizia: è arrivato il Messia! Il maestro non si mostrò particolarmente sorpreso, anzi fece capire subito le sue perplessità. Poi si alzò, aprì la finestra e invitò i due discepoli ad affacciarsi. Giù nella piazzetta si vedevano i soliti mendicanti che chiedevano l’elemosina; un mercante di schiavi vendeva all’asta alcuni giovani della Nubia…; un gruppo di farisei inferociti voleva lapidare una donna sorpresa in adulterio: era lo spettacolo di sempre. Senza commentare, il maestro chiuse la finestra con un sospiro; poi si rivolse deluso ai discepoli e disse: “Non è possibile che il Messia sia venuto; avete capito male”» (F. Lambiasi, Il pane della domenica).
La «credibilità del Natale» dipende anche dalla nostra vita di cristiani. Se tutto continua come prima, è facile che si pensi che il Natale è solo una bella favola!
Come ogni anno, mentre vi assicuro la mia preghiera, vi chiedo di ricordarvi dei seminaristi e di pregare anche per me.
Buon Natale a tutti. Con tanto affetto.
Ragusa, Natale 2010
X Paolo, vescovo