Un post sulla sua pagina facebook, un appello che riportiamo integralmente perchè, anche in questo momento di enorme dolore, Luciano Di Natale (papà di Sara morta dopo dieci anni vissuti in stato vegetativo per aver mangiato una polpetta piena zeppa di solfiti) lancia un messaggio molto forte.
La manifestazione di affetto e di stima che io e la mia famiglia abbiamo ricevuto da tutti gli amici e conoscenti lenisce il nostro dolore per la morte dell’amata Sara.
In questi lunghi 10 anni ho cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica su alcuni temi della nostra società connessi strettamente con la vicenda di mia figlia:
1 – le problematiche riguardanti le persone più deboli: quelle in stato vegetativo o di minima coscienza e quelle gravissime (affette da Sla , sclerosi multipla…);
2 – le sofisticazioni alimentari e la mancata punizione per chi commette reati contro la salute pubblica;
3- le problematiche, delicatissime, che riguardano il fine vita.
Oggi voglio fare delle riflessioni su questo ultimo punto.
Come prevenire gli stati vegetativi
La vita artificiale è molto peggio della morte. La medicina ha inventato, anzi “creato” una nuova vita, chiamata “stato vegetativo”. Quando si pratica un foro nella gola per respirare e si introduce un tubo nello stomaco per la nutrizione e l’idratazione forzata, la vita artificiale è servita..!. Se mia figlia avesse lasciato un testamento biologico sicuramente io avrei fatto rispettare a tutti i costi la sua volontà e non avrebbe vissuto una vita artificiale orrenda e così poco dignitosa.
Oggi invece la volontà del malato può essere rispettata grazie alla sentenza Englaro. A tal proposito lo stesso Beppino Englaro commentava: “La sentenza, della Corte Suprema di Cassazione del 13 novembre 2008, parla chiaro: nessuno ha il diritto di impormi una cura se io non la voglio, anche se l’interruzione può significare la morte. E questo non c’entra nulla con l’eutanasia: si chiama consenso informato alle cure; io ho tutto il diritto di rifiutare le cure, anche quelle indispensabili per continuare a vivere. Se però, per un incidente o una malattia, non sono più in condizione di intendere e di volere la faccenda si complica: perché non sono nemmeno in grado di dire al medico “no grazie, faccio a meno delle tue terapie perché non voglio vivere per anni attaccato a un sondino”. In questo malaugurato caso esiste un solo modo: non farsi cogliere impreparati. Se, quando sono lucido e cosciente metto nero su bianco i trattamenti a cui non vorrò essere sottoposto e se queste disposizioni le affido a una persona che nomino mio delegato, i medici non potranno far altro che rispettare le mie volontà .Il diritto alla autodeterminazione non si perde solo perché il paziente è non cosciente”.
Scrivere le proprie disposizioni di fine vita è dunque importantissimo; chi non lo fa fa una scelta a suo rischio e pericolo. Io e mia moglie abbiamo scritto le disposizioni di fine vita e le abbiamo depositate all’ufficio anagrafe di Ragusa dopo avere preso un appuntamento all’ufficio anagrafe (tel.0932676201– cell-3475953789). A Ragusa infatti, come in altri 130 comuni italiani, si può depositare il proprio testamento biologico al costo di 10 euro, una tantum (molto meno che da un notaio). Chi non sottoscrive il testamento biologico demanda ad altri la scelta personalissima delle decisioni di fine vita. E’ anch’essa una scelta, ma è una scelta sciagurata perché si dà una responsabilità molto impegnativa e gravosa ad altri (familiari o medici estranei) e si corre il rischio, nel caso di ictus, infarto od altro di rimanere in stato vegetativo a vita.
L’istituzione di un Registro comunale dei Testamenti biologici è al momento l’unico strumento a disposizione dei cittadini per testimoniare una scelta della persona e per tutelare il diritto all’autodeterminazione in materia sanitaria, sancito in primo luogo dalla nostra Carta costituzionale. Nessuno può decidere al posto di un altro; per questo è importante lasciare delle direttive anticipate secondo le quali ogni persona possa indicare quali terapie intende accettare e quali rifiutare se un giorno si trovasse nelle condizioni di non poter più esprimere direttamente le proprie volontà e in assenza di una ragionevole speranza di recupero dell’integrità intellettiva.
L’istituzione dei registri e il testamento biologico sono strumenti che tendono a prevenire gli stati vegetativi. Scrivere le direttive anticipate di trattamento di fine vita è come stipulare una specie di Assicurazione contro il rischio di restare senza coscienza inchiodato in un letto in un ergastolo orrendo. Se non si scrivono, siccome nessuno può decidere al posto nostro, si firma la propria condanna a vivere la vita vegetativa (nel caso sventurato che i medici di un reparto di rianimazione riescano a strapparci alla morte e ad introdurci un sondino per l’alimentazione e l’idratazione artificiale). Dalle informazioni ricevute dall’ufficio anagrafe di Ragusa risulta che i cittadini che hanno sottoscritto le anticipazioni di fine vita sono pochi. Evidentemente i cittadini vogliono accantonare il problema , ignorandolo ed esorcizzando la paura, rimandando la decisione è come illudersi che a noi non può succedere mai niente di brutto. Purtroppo le istituzioni e i mass media non parlano di questi problemi. L’Asp dovrebbe informare i cittadini sull’importanza della prevenzione degli stati vegetativi come fa per la prevenzione contro gli infarti, i tumori al retto e alla mammella…
Nella tessera sanitaria le autorità sanitarie dovrebbero riportare anche la presenza di un testamento di fine vita. Sono convinto che i cittadini capiscano finalmente che è un loro diritto/dovere di trascrivere le proprie direttive di trattamento di fine vita”.
Immagine tratta da Le Monde
|