PAROLE DI SILENZI

Voci di donne fatte di silenzi sono stati il leitmotiv dell’incontro di stamani, 25 novembre 2016, avvenuto nell’auditorium   del liceo classico Umberto I di Ragusa. Un momento di riflessione  a cui hanno partecipato tutti gli alunni e i docenti dell’istituto per ricordare quel 25 novembre del 1960  in cui furono trucidate le tre sorelle Mirabal. E’ in loro ricordo che l’ONU, infatti,  ha ufficializzato questo giorno come  Giornata Internazionale per l`eliminazione della Violenza contro le Donne.

Ed oggi, per ricordare le tante vittime di femminicidio,   le voci di Carola, Martina, Federica, Carla, Paola, Maria Rita,  Alberto, Raffaele, Ludovica,  Giammaria, Giulia, Maria,  alunni del nostro liceo,   hanno parlato i silenzi, le urla, i gemiti di  Aisha, Carmelina, Viollca, Ivana, Amina, Lhakpa. Non importa che siano donne del sud o donne del nord, donne di paesi poveri o donne di paesi ricchi: le loro storia sono  testimonianza e denuncia di una discriminazione storica e sociale ancora  difficile da superare.

 Attraverso le parole appassionate  di questi ragazzi abbiamo sentito e visto i  lividi,  i  passi affrettati,  le paure di  tante, troppe donne  ferite a morte all’interno delle mura domestiche o delle comunità di appartenenza.

Tre femminicidi, in meno di 10 giorni in Italia, l’ultimo dei quali appena ieri, 24 novembre,  fanno veramente riflettere, dice  la prof. Ferro, docente di lettere dell’ Istituto che ha guidato i ragazzi in questi momenti di riflessione. Prevenire e fermare queste violenze  si può attraverso percorsi educativi  sinergici che partono da istituzioni, scuola e famiglia.  Educare, infatti, in latino può significare istruire ( ēdŭco)   ma anche  estrarre, far uscire  (edūco) tirar fuori.

Oggi, noi, al Liceo Classico, attraverso  parole  nostre e di scrittori  (Dacia Maraini, Passi affrettati, L’amore rubato) (Simona Dandini, Ferite a morte), (Khaled Hosseini, Mille spendidi soli)   abbiamo  utilizzato il verbo EDUCARE  in entrambe le  accezioni, e di istruire, e di tirar fuori residui di tradizioni  ancestrali di chi ancora oggi sente di poter decidere della vita delle loro donne.

E siamo certi di ottenere  buoni risultati  perché l’humus in cui seminiamo è molto fertile:  il fiore bianco, offerto oggi dai nostri alunni – maschi –    a noi professoresse ,  espressione di  sensibilità  e delicatezza, infatti,   ne è  prova.