Si lavora incessantemente per il bene della nazione. Nessuno lo mette in dubbio. Non c’è altro pensiero che uscire dalla crisi. E per far questo tutti sono concordi nella riduzione delle spese, quindi sono tutti pronti ad abolire i rimborsi elettorali, possibilmente dirottando i fondi per i debiti verso le imprese, a dimezzare i parlamentari e i loro compensi, a ridurre le spese militari e quelle per la TAV.
Tutto questo, come è ormai di moda, entro i primi 100 giorni. La qualsiasi pur di formare un governo.
Lo consiglia il buon senso, lo vogliono i tedeschi, lo vuole il Capo dello Stato, ne è consapevole, addirittura, Berlusconi, sotto sotto la cosa piacerebbe anche a Grillo che, forse, sia pure senza fiducia, sarebbe disponibile per far vedere ai suoi come si sono calati le braghe, pardon, come hanno condiviso le loro idee.
Tutto pronto: bisogna solo capire chi guida il governo. Il partito c’è, ha vinto le elezioni, ha la maggioranza numerica o relativa in entrambi i rami del parlamento, manca solo la maggioranza per ottenere la fiducia.
Ma si sta lavorando anche per quello, cercando di ipotizzare tutte le alleanze e le desistenze possibili, anche solo per tre mesi, sei mesi, un anno, in pratica come per le cambiali.
Senza dire che l’ammucchiata, perchè di ammucchiata in ogni caso si tratta, può risultare gradita e il rinnovo (delle cambiali) sarà assicurato.
Manca solo il conduttore, il manovratore, l’autista, in linguaggio istituzionale il premier.
Ma come, non c’era? Non è stato indicato dalle primarie? Si è pentito?
Il premier, in effetti, ci sarebbe, anche se le speranze di tenerlo in vita, come premier, sono ormai ridotte al lumicino. I dubbi sono poi confermati dal fatto che, ormai da qualche giorno, più del bene della nazione, vale il futuro del partito. Tutti stanno lavorando , quindi, per la futura leadership.
Bersani è abbandonato anche dai fedelissimi, loro hanno capito che, ormai, il suo destino è segnato.
E allora, come in ogni partito che si rispetta, incuranti di tutto quello che è successo, incuranti del fatto, di cui tutti sono consapevoli, che la gente si è rotte le scatole, sono cominciati i movimenti, sotto traccia, per trovare un nuovo leader.
Non c’è da stupirsi se si muovono in questo senso anche i più stretti collaboratori di Bersani, quelli che lo hanno guidato (eccellentemente) in questa campagna elettorale e ora, invece di scomparire come sarebbe opportuno, si dimenano per assicurarsi un posto al sole per il prossimo giro di giostra.
Ma chi sono stati gli scienziati della campagna elettorale, i geni della comunicazione, gli strateghi che, in fondo, hanno ciacciato l’Italia in questo cul –de- sac ?
Qualcuno può dire, come direbbe Grillo, affanculo gli strateghi, ma invece è opportuno conoscerli perché sarà facile trovarli appresso al prossimo leader, per fare ulteriori danni. Perché una cosa è certa, se Bersani ha vinto ma ha perso, pardon, ha perso perché non ha vinto, non deve certo finire che se vincevano avevano vinto tutti, se hanno perso ha perso solo Bersani.
Fra i cervelloni c’è lo spin doctor, uno storico romano, Miguel Gotor, che, chi è pratico di televisione, ha potuto conoscere la sera della disfatta a Porta a Porta. Del personaggio, durante la trasmissione, si sono potuti apprezzare solo gli aspetti meno gradevoli, pervaso com’era, da nervosismo e acidità.
Membro del “tortellino magico” che, per mesi, ha scortato l’allora probabile nuovo capo del governo, colui che, all’epoca, Grillo chiamava Gargamella, Gotor era stato l’ispiratore e consigliere della massima secondo cui mai sarebbero scesi a compromessi con i populisti alla Berlusconi e alla Grillo, salvo ora santificare il comico come una formidabile costola della sinistra. Ma il personaggio è abituato a cambiare opinione, se è vero che, nel 2009, così parlava di Bersani, sul Sole24ore, a proposito del suo modo di esprimersi con tutte le metafore su osterie, cascine, pope di benzina e bocciofile: “sembra rivolgersi a una platea di cattolici e socialisti dell’Ottocento, al punto che il pubblico che lo ascolta si sente come estraniato, quasi fosse in un museo davanti a un quadro di Pellizza da Volpedo”.
Poi c’era la squadra messa su in occasione delle primarie: Roberto Speranza, 33 anni, già segretario regionale della Basilicata, Alessandra Moretti, 39 anni vicesindaco di Vicenza, e Tommaso Giuntella, 28 anni. La Moretti, portavoce di Bersani, nominata deputata, si è subito calata nella parte di rottamatrice del vecchio PD, giura che la Bindi, Marini e D’Alema saranno emarginati, apre le porte a un accordo con Grillo, ma considera possibile l’ipotesi che Bersani faccia un passo indietro. Ci manca solo che dichiari ufficialmente la sua vicinanza a Renzi e parte dei problemi del PD saranno risolti.
Di Speranza si è parlato anche come di un possibile segretario che traghetti il partito al congresso, ma pare che lo stesso abbia ambizioni di arrivare a questa carica proprio al congresso.
Ancora vicini a Bersani ci sono stati i Giovani Turchi, la corrente di sinistra, antiblariana ed antiliberista, composta dal Responsabile Economico del PD Stefano Fassina, dal Responsabile per la Giustizia Andrea Orlando, dal Responsabile alla Cultura Matteo Orfini e dall’europarlamentare Roberto Gualtieri.
Alle primarie fieri oppositori di Renzi, in campagna elettorale, soprattutto Fassina per le sue competenze economiche, sono stati fra i più presenti del partito di fronte all’opinione pubblica; forse, come era stato eccepito da qualcuno, anche di sinistra, la supponenza di Fassina non ha prodotto il meglio per Bersani.
Ora pare ci siano manovre per avvicinarsi a Renzi, che considerano fra i più quotati nel caso di un governo che sia sostenuto, alla ‘siciliana’, dai grillini.
In ogni caso, consultando Wikipedia, si può avere un quadro di tutte le altre componenti del PD che, sicuramente, in questo momento, saranno più preoccupati per il futuro della legislazione che per le nuove maggioranze che, inevitabilmente, si vanno profilando all’orizzonte del partito.
Ci sono solo 21 correnti, se la battono con il Pdl, di cui non si sono aggiornati ancora i dati, prima delle ultime elezioni.
Nessuno dubiti dell’impegno per risolvere la crisi, i problemi di leadership all’interno del partito possono aspettare, saranno risolti dopo.