PERCHE’ CONTINUANO A CHIAMARLA ANTIPOLITICA…

Da qualche tempo i vertici politici dei principali partiti di questo Paese appellano con il termine di “antipolitica” l’azione di tutti quei movimenti  (ad es. movimento cinque stelle; movimento dei forconi; etc…) che, facendosi interpreti del profondo malessere esternato da una consistente parte della popolazione, non esitano a criticamente le politiche attuate dall’attuale “Governo Tecnico” stigmatizzando contestualmente l’operato dell’intera classe dirigente politica che, peraltro abdicando al proprio ruolo, quella compagine ha chiamato alla guida dell’Italia. Bersani, Segretario nazionale del Partito Democratico è arrivato al punto di definire il crescente consenso dato dalla gente a queste formazioni una sorta di “vento cattivo”  come se l’esclusività dell’azione politica in questa nostra martoriata Nazione fosse una esclusiva di quegli uomini e di quelle formazioni che, anche grazie ad una legge elettorale iniqua, hanno la sorte di essere insediate negli alti scranni di Camera e Senato; come se non fosse proprio a causa della scadente capacità di governo (e di opposizione) manifestata, in particolar modo dal 1998 ad oggi, proprio da quelle forze politiche che oggi noi viviamo una delle più grandi crisi economiche di tutti i tempi; come se non fosse addebitabile ai faccendieri che a vario titolo hanno goduto della stima e dell’amicizia di segretari, deputati, senatori e notabili di questa stessa classe politica la vergogna ed il danno che questo Paese soffre a causa di quegli scandali quotidiani che ne attraversano il territorio e ne inquinano le istituzioni.

Si può dunque tanto sfacciatamente accusare di antipolitica chi, proprio perché esercita il proprio ruolo politico, si indigna innanzi ad una classe dirigente incapace di interfacciarsi con la gente, ancor più se appartenente a quella fascia formata da pensionati, esodati, disoccupati, inoccupati, precari, operai, agricoltori, artigiani, piccoli commercianti e dipendenti pubblici.

Un esercito di eletti  impegnato quasi esclusivamente a salvaguardare i propri privilegi ed il mantenimento del proprio status, una massa di politici di professione che, nella quasi totalità dei casi, si ritrova ad occupare posti chiave per la vita del Paese ed a gestire immense quantità di risorse pubbliche senza alcuna preparazione specifica, senza alcun merito se non quello di essere prossimo al potente di turno di cui avrà cura di curare gli interessi quali essi siano. Per costoro é antipolitica l’urlo di rabbia di tutti quei Lavoratori che vedono ogni giorno che passa eroso il magro guadagno in forza di una solidarietà nazionale che non si rispecchia nelle lobby che hanno trascinato l’Italia sull’orlo del baratro, lo sdegno di chi ha visto colpire, con immediatezza, le pensioni e la casa ed al contempo ma fallire ogni serio tentativo di liberalizzazione, l’umiliazione di chi non riesce a vedere più alcun futuro, a fronte dei tanti promessi, ma vede i soliti noti non rinunciare nemmeno al superfluo.

No, non è antipolitica, questa è buona politica ed è nemica giurata di quella cattiva politica che riesce a piegare ai propri scopi persino la lingua italiana chiamando rimborso elettorale una massa di denaro quattro volte superiore alle spese, vere o presunte, effettuate nelle varie competizioni elettorali. Quel vento che si alza dalla popolazione e si incanala nei movimenti, nei giovani impegnati, nel mondo del volontariato, in alcune forze sindacali,  non è un vento cattivo bensì il vento di un cambiamento più profondo e radicale di quelle operazioni di facciata che vengono paventate in questi giorni animate da quel detto gattopardiano per cui occorre che tutto cambi affinché nulla cambi veramente.