“Ma è modicano?”, chiede Marina. “Se fosse stato un poveraccio avrebbero sbattuto il nome in prima pagina”, sentenzia Giuseppe. Sono due dei commenti che il profilo Facebook di ragusaoggi.it ospita a margine dell’articolo sull’imprenditore arrestato dalla Guardia di Finanza per una presunta truffa da 3 milioni e mezzo di euro al cosiddetto Sisma Bonus.
Considerazioni legittime, quelle dei nostri affezionati lettori: come mai il nome della persona arrestata non c’è? In realtà, non troverete l’identità dell’imprenditore in nessun mezzo di comunicazione per un motivo semplice. È l’effetto del decreto legislativo 188/2021, entrato in vigore il 14 dicembre scorso, voluto per attuare la direttiva europea 2016/343. Il testo introduce il divieto per pubblici ministeri e polizia giudiziaria di fornire notizie sulle attività d’indagine. Può farlo solo il procuratore della Repubblica che di volta in volta deve stabilire quali indagini e quali operazioni di polizia giudiziaria siano meritevoli di essere comunicate alle testate giornalistiche. Il procuratore potrà farlo con comunicati stampa o, in via eccezionale, attraverso conferenze stampa.
Nella cronaca giudiziaria nessuno vieta ai giornalisti di continuare ad attingere notizie dalle altre fonti (avvocati, testimoni, eccetera), ma essi non potranno verificarle con le fonti dirette e attendibili: procura e polizia giudiziaria.
Le conseguenze dell’applicazione di questo decreto sono visibili: il cuore di molte notizie è sparito. Non solo. Sembra che magistratura e forze di polizia facciano meno che in passato. E non è così, anzi.
Il decreto nasce da una normativa europea, approvata cinque anni fa, sulla presunzione d’innocenza fino alla condanna in primo grado. L’articolo 27 della Costituzione italiana prevede che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Siamo più garantisti di quanto ci chiede l’Unione Europea, eppure ora sembriamo in un altro mondo.