Perché riceviamo strane richieste di amicizia su Facebook?

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Non dimenticherò mai. C’era già la pandemia. E come se non bastasse, mia madre mi inviò una richiesta di amicizia su Facebook. E con questa ciliegina si chiudeva il periodo più complicato della mia vita, e di quella di tanti, I suppose. Il lockdown edipico. Non l’avevo considerato. Sì. “Un tuo congiunto vuole essere tuo amico su FB.” Molto congiunto.

Ho studiato per più di dieci anni psicologia, ma non ho trovato nessun manuale che mi indicasse una via d’uscita da situazioni così difficili. “Conferma”. “Rifiuta”. Non sono due parole. Sono due lame acuminate. Clickare o non clickare? This is the problem. Meditavo tra me e il mio profilo: “Potrei fingermi morto. O potrei dirle che pensavo fosse un fake profile. Sostenendo fino alla morte di essere convinto di un tranello insidiosissimo: ‘Agenti della CIA mi hanno rivelato che dietro i profili dei congiunti più stretti si celano donne di malaffare di agguerritissimi siti porno.’ No. Mia madre, a ben pensarci, non la prenderebbe bene. Potrei peggiorare la situazione.”

Sarà. Ma in questo spericolato crocevia, in cui nonni e nipoti si incontrano in giardini virtuali dell’era digitale, io vedo un’ironia della storia. Una magia di nuove possibilità. In virtù delle quali nessun amicizia è impossibile tra le distese infinite di tre generazioni.

Un giorno addirittura ho ricevuto la richiesta d’amicizia da parte di un Monastero di suore. Un intero monastero. Avete capito bene. Non una sorella. Tutto un monastero. “San Gregorio”. Ero allibito. Una volta ricevevo richieste da avvenenti e improbabili brasiliane di Amsterdam in perizoma natalizio (che dopo un’ora scomparivano nel nulla). Ora il monastero. Il cielo vuole dire qualcosa a questo peccatore in pieno disfacimento fisico e spirituale. Nella foto del profilo campeggiavano arzille sorelle visibilmente vaccinate (come direbbe l’anagrafe). 

Vi sembrerà strano, ma dopo un primo stordimento, ho provato un’immensa tenerezza: Facebook è capace di improvvisazioni a tema che neppure una serie di Netflix. Ma non è fantasticamente moderno e rivoluzionario tutto ciò? E io mi sentivo già pronto a recitare in bicicletta nella veste di Don Cesare. E per questo condivido e dico grazie. Alla vita. A voi. Alle anime gentili in tunica digitale, che hanno saputo meravigliarmi in bellezza più di Achille Lauro sull’altare dell’Ariston.

Mi succede anche altro. Ricevo decine di richieste d’amicizia di tedesche in mutande. Ursula Rotthermeyer l’ultima. Sì. Come la mitica governante di Heidi (incubo della mia infanzia, assieme alla famigerata capra Fiocco di Neve). Come la rigorosissima governante di Heidi. Ma un po’ diversa, a guardare bene. Quanto meno nel colore del perizoma, se la memoria non mi inganna. 

Succede anche a voi questo fenomeno imperscrutabile? Ho voluto condividere con voi il dilemma.

Ursula squisitissima, ma dimmi, perché mai dovrei accettare la tua richiesta? Cosa abbiamo da dirci noi due? Io sono uno psicologo siculo bollito come un merluzzo e tu sembri una bomba barbara e teutonica nel fiore degli anni, che parla peraltro in tedesco. Io in tedesco conosco solo la formazione della Germania del 1982. Cosa volete da me, amazzoni dell’estremo Nord?

A meno che … Dietro questi profili fake si nascondono invero delle sole e dei pericoli inimmaginabili. In effetti, una volta un mio paziente mi raccontò di aver concesso l’amicizia ad Albert Einstein, per scoprire dopo un po’ che trattavasi del suocero che intendeva così controllarlo.

Mi domando ora … Ma non sarà che dietro il sorriso procace di Ursula si cela il mio subdolo analista?

Vogliate scusarmi adesso, ho appena ricevuto una notifica: “La scaccia ragusana vuole essere tua amica su Facebook questo weekend.” Non posso non rispondere.

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